p40.it


sito di Pasquale Quaranta

Sei in: home > dossier > Natale 2003 > A Natale, nella parrocchia di Rignano Garganico, l’omelia l’ha fatta un gay. Eccola

A Natale, nella parrocchia di Rignano Garganico, l’omelia l’ha fatta un gay. Eccola

di , Il Foglio, 10 gennaio 2004, p. 2

«Sono venuto per parlarvi in questa chiesa di omosessualità. Sono gay credente…». È iniziata così l’omelia di Pasquale Quaranta alla Messa di mezzanotte la notte del 24 dicembre nella chiesa di Rignano Garganico (Foggia).

Un brusio di stupore l’ha accolto. A volere che fosse proprio un giovane omosessuale a parlare ai fedeli è stato il parroco don Fabrizio Longhi. «No, non vi spaventate, ascoltate…», ha proseguito Pasquale, la voce emozionata ma non fragile, gli occhi lucidi ma fieri e amorosi della madre Adelaide.

«Credo che una testimonianza possa farvi riflettere su una realtà con la quale ognuno di voi, molto probabilmente, non ha avuto modo di confrontarsi nei termini in cui ne parlerò, ovvero di gioia, di amore, di serenità, di trasparenza».

Pasquale, ventun’anni portati senza baldanza e senza vanagloria ma anche senza inutili timidezze, ha voluto parlare a uomini e donne della sua comunità religiosa nella notte considerata da loro come la più santa, uomini e donne che hanno dovuto prendere atto che il mondo degli esclusi è stanco di essere tale e chiede di essere ascoltato.

«L’omosessualità non è una malattia, non è una perversione, né trasgressione, né moda e – la cosa che mi preme sottolineare ora – non è peccato», ha continuato Pasquale.

Impietriti dietro i propri banchi, i fedeli hanno ascoltato ciò che quel giovane leone aveva da dire: «Si tratta di un dono di Dio che, in quanto tale, non è scelto e che ci si ritrova a vivere. La fede, ugualmente, è un sentimento che scopriamo e coltiviamo dentro di noi, un “orientamento” che siamo chiamati, nello stesso modo, a vivere. Gay e lesbiche hanno il diritto di vivere pienamente la propria vita, anche sul piano affettivo e sessuale, tanto quanto una persona eterosessuale. Chi chiede l’astinenza e la “vende” come esigenza di castità non ha capito il dono dell’amore. Chiediamoci piuttosto: qual è il mio rapporto nei confronti di una persona omosessuale? Quale sarebbe la reazione se mio figlio o mia figlia mi rivelasse la sua omosessualità? Sono sicuro che le risposte farebbero emergere quel pregiudizio millenario che una tradizione storica, anche quella cattolica, ha radicato nelle coscienze. Io vi dico: liberiamocene! Troppe persone fanno ancora dipendere la loro pace dal parere della gerarchia […] La Chiesa è una realtà più viva e variegata» […].

L’alleluia del miscredente

«Ci sono migliaia di persone che, in queste ore, soffrono la solitudine per un orientamento che viene condannato come immorale, intrinsecamente malvagio, abominevole. Badate: solitudine non significa semplicemente “stare soli”, vuol dire anche stare insieme a tante altre persone ma sentirsi soli, non pienamente compresi. C’è chi si è tolto la vita perché non riusciva ad accettare la propria omosessualità per motivi confessionali mal interpretati e per l’ostilità della gente o della famiglia.

Sembra risuonare in questa notte, una notte santa perché il figlio di Dio è venuto al mondo, nel freddo di una povera grotta, fuori dalla città degli uomini, ciò che il Prologo al Vangelo di Giovanni dice: “Venne tra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto…”. Quanti dei nostri fratelli e sorelle, amici e amiche, gay e lesbiche (parole ancor oggi intrise di disprezzo o di scandalo) non sono stati accolti? Quanti sono venuti nella loro famiglia umana e non vi hanno trovato posto?

È il destino di quelli che Gesù ama più di tutti, coloro ai quali è accaduto di trovarsi nella stessa situazione in cui Lui si è trovato, tra gli uomini e le donne del suo tempo: ce lo racconta il Vangelo di Luca: “La Vergine partorì il bimbo, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia perché non c’era posto per loro nell’albergo”. Non c’era posto, come oggi, per molti, non c’è posto, non c’è nelle nostre case per Lui e per i tanti fratelli che sono omosessuali, non c’è posto nel cuore per accogliere e la Chiesa stessa, la comunità dei credenti, sembra essere diventata quell’albergo, dove non c’è posto. È possibile secondo voi che Dio possa essere felice di questo?».

(E anche a un miscredente come il sottoscritto vien da gridare alleluia!).

Torna su ^