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L’aggressione, la denuncia, la sentenza

L’aggressione, la denuncia, la sentenza. Babilonia intervista Pasquale Quaranta, “tenace militante del movimento omosessuale italiano”.

di , Babilonia, giugno 2006, p. 40

Pasquale Quaranta è uno dei più tenaci e validi militanti del movimento omosessuale italiano, autore del successo del Salerno Pride. L’ho conosciuto e ho avuto modo di apprezzare non solamente la dolcezza di un uomo del sud, ma anche la sua determinazione a dare valore e costruzione a tutte le nostre battaglie. Molti ricorderanno il caso che lo coinvolse in prima persona in una delle puntate del programma di Italia Uno Lucignolo. Manigoldi infettati di omofobia aggredirono lui e un altro ragazzo. Ora la sentenza!

Pasquale, puoi ricordare ai nostri lettori cosa ti è successo?
La sera del 16 maggio 200 passeggiavo in piazza, tenendo per mano un amico, a Battipaglia, provincia di Salerno, la città in cui vivo. Volevamo dimostrare, con una telecamera nascosta, come è difficile essere sé stessi qui al sud. Ci aspettavamo di dimostrarlo in base alle risatine di scherno, ai commenti a denti stretti o sussurrati, che pensavamo avrebbero accompagnato la nostra passeggiata. Neppure noi, nel nostro “pessimismo”, ci saremmo aspettati quelle che in napoletano si chiamano “le mazzate”. Siamo stati prima insultati e poi aggrediti da una banda di teppisti. Il filmato del pestaggio è stato registrato da una troupe di Lucignolo e grazie alle immagini siamo risaliti a uno dei sei-sette aggressori.

Sono ancora frequenti, secondo la tua esperienza anche di militante gay, le aggressioni verbali e materiali verso le persone gay nel comprensorio dove vivi?
Sì, ma generalmente le aggressioni e le violenze fisiche non avvengono sotto le telecamere e non hanno testimoni. Quindi chi denuncia, alla fin fine, denuncia ignoti e la sua parola è anche messa in dubbio: questo è detestabile. Io sono stato, per così dire… “fortunato”, perché uno dei miei ignoti aggressori è stato identificato. E sono stato in grado, successivamente, di riconoscerlo.

Al tuo aggressore minorenne è stato concesso il perdono giudiziale, nonostante i dubbi degli stessi giudici circa il comportamento dello stesso e le testimonianze a sua discolpa. Ritieni che sia una sentenza equa quella del perdono?
Ormai non è importante quello che è accaduto a valle della mia denuncia, la cosa fondamentale è che l’ho fatta. Mi sento frustrato e insoddisfatto della sentenza, è comprensibilie… ma sarebbe stato ben più drammatico se avessi gettato la spugna fin dall’inizio.

Chiedo personalmente ai nostri lettori di essere solidali con te. Almeno solidali. Ma cosa insegna a noi il tuo caso?
Penso che la mia esperienza abbia un valore che non va molto al di là di me stesso. Cambia il mio modo di vedere la realtà, ho capito un risvolto del mondo che mi mancava, sono avanzato di un altro piccolo passo verso il chiarimento del mio rapporto con la società, lasciando alle spalle quelli che mi hanno malmenato e coloro che hanno avallato la loro violenza.

Spesso sono i giovani, anche minorenni, a non avere la cultura dell’accettazione ma quella del disprezzo. Perché avviene questo e come combattere questa stortura?
In ogni ragazzo e in ogni uomo c’è il seme dell’errore, dell’indifferenza, del disprezzo. Ma c’è anche una luce lontana che brilla dentro i suoi occhi. Se guardiamo bene nel nostro passato, scorgiamo più azioni egoistiche e irragionevoli, che gesti di affetto e di fratellanza. Se ricordiamo il passato con attenzione, possiamo scorgere milioni di persone uccise o imprigionate a vita per essere anelli deboli di un sistema che procede ignorando il significato del dolore.

Tu sei una voce autorevole del movimento gay. Quali sono le strade che tutta la comunità può attraversare per rendere questa Italia più tollerante e amica?
Temo di aver compreso che l’unica lotta che occorra fare è quella contro la propria inerzia a non voler accettare che siamo un’accozzaglia di atomi insignificanti davanti all’immensità del tempo e della materia. Che di noi non resterà proprio nulla, nemmeno il più infimo ricordo. L’infelicità e l’incertezza sono le cifre che caratterizzano l’esperienza umana, ma è compito di tutta la comunità ribaltare questa condizione e vivere anche una nostra spiritualità laica – se ne sentiamo il bisogno – superando le cose che non vanno, cristallizzando attorno a noi il mondo che vorremmo.

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Pasquale Quaranta © gianlucafaruolo.com
Pasquale Quaranta © gianlucafaruolo.com
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Questo articolo è stato pubblicato in "Babilonia", giugno 2006 © p40.it
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La pag. 40 di "Babilonia", giugno 2006 © p40.it

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