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'Fallo e basta', da Mussolini alle Barbie il sessismo in Italia: "Ma dal maschilismo si può guarire"

Gustav Hofer e Luca Ragazzi sono gli autori del film che con autoironia e intelligenza indaga sulle origini della supremazia maschile e su come reagiscono gli uomini di fronte all’emancipazione femminile: “Ci piace pensare che i giovani siano molto più avanti”

di , Repubblica.it, 9 luglio 2019,

Da dove nasce questa idea balzana della supremazia maschile? Come mai un sistema apertamente misogino continua a essere preservato? Perché si educano in modo diverso i figli maschi e le figlie femmine? E ancora: in cosa saremmo diversi da quelli che siamo se vivessimo in un’Italia meno maschilista? Che tipo di uomo o di donna saremmo? Avrebbe ancora senso ragionare per identità di genere?

Sono solo alcune delle domande sollevate da Dicktatorship. Fallo e basta! di Gustav Hofer e Luca Ragazzi, coppia nella vita e nel lavoro da 20 anni. Prodotto da Marco Visalberghi e presentato al festival Hot Docs di Toronto, il film sarà trasmesso su laF (Sky 135) mercoledì 10 luglio alle 21.10 in prima tv. Gli autori lo presenteranno a Catania (10 luglio) e ad Alghero (31 luglio), e in autunno tornerà nelle sale di diverse città italiane.

Dopo aver diretto insieme i pluripremiati Improvvisamente l’inverno scorso (2008), Italy: Love It or Leave It (2011) e What Is Left? (2013), Gustav Hofer e Luca Ragazzi prendono di mira la dittatura del machismo in Italia: “Ogni cosa qui sembra ruotare intorno all’organo genitale maschile – spiegano i registi – basti pensare che esistono ben 887 modi diversi per definirlo”. E così la patria del latin lover che per decenni ha idolatrato Mussolini (“la passione del Ventennio per gli obelischi è cosa nota”) e Berlusconi (per oltre due decenni politici e televisivi) diventa il caso di studio per eccellenza. Conseguenze incluse, dalle diseguaglianze salariali alle molestie, fino alla violenza di genere e domestica.

Avvalendosi anche della scrittura di Simona Seveso, i registi riutilizzano il metodo induttivo delle opere precedenti partendo dal loro microcosmo (la loro casa, la loro “bolla”) per indagare temi più generali con autoironia e intelligenza. Da una colazione come tante, una battuta infelice su Angela Merkel (“Mi piace, è una donna con le palle”) rischia, nella finzione cinematografica, di mettere in crisi il loro rapporto e la futura unione civile: possibile che Gustav non si sia accorto che Luca è un maschilista? E come mai Luca, un uomo gay risolto, colto, progressista, è capace di atteggiamenti sessisti senza averne consapevolezza?

La discussione a tavola diventa il pretesto per un viaggio nel Bel Paese tra integralisti cattolici, improbabili raduni per “uomini veri” ed esperimenti scientifici rivelatori con l’obiettivo di ricercare – ma soprattutto di analizzare – “quel vento che spinge l’uomo bianco, etero e occidentale della classe media in avanti”, come spiega Michael Kimmel, star delle conferenze Ted e autore, tra gli altri, del libro Angry White Man sulla destra americana che ha votato Trump.

Dalla Capitale a Milano, da Padova a Venezia fino a Barcellona, l’esplorazione si svolge a tappe con l’aiuto di sociologi (Sveva Magaraggia, università Milano-Bicocca), psicologi (Nicoletta Malesa, presidente del Centro di ascolto uomini maltrattanti Nord Sardegna), neuroscienziati (Giorgio Vallortigara, università di Trento), scrittrici (Michela Murgia), politici (Laura Boldrini), pornostar (Rocco Siffredi) e associazioni (Stefano Ciccone, Maschile plurale), per capire – tra natura e cultura – dove nasce la supremazia maschile e come reagiscono gli uomini di fronte all’emancipazione femminile.

Come abbiamo fatto ad assuefarci al maschilismo, alla misoginia, all’omofobia che permea l’Italia?
Luca Ragazzi: “Se prendi un quotidiano le firme in prima pagina sono quasi tutte di uomini. Quante sono le direttrici donna? Se guardiamo la foto del consiglio superiore della magistratura ci accorgiamo che manca qualcosa”.
Gustav Hofer: “Con il film vogliamo svelare il maschilismo quotidiano di cui non ci rendiamo conto ma che fa parte di tutti, etero e non, che non ha colore politico o provenienza sociale o geografica”.

“Avere il pene significa essere incatenati a un folle” diceva Sofocle di più di 2500 anni fa. Il maschilismo ci ha cambiati in modo irreversibile? È ancora possibile fare qualcosa?
Hofer: “Aveva ragione allora e avrebbe ragione anche oggi se si pensa a Donald Trump e al suo atteggiamento apertamente misogino che non gli ha impedito di diventare presidente degli Stati Uniti. Intellettuali, femministe, attivisti, sociologi – e persino qualche repubblicano – si sono chiesti: come è stato possibile? La buona notizia è che si può guarire dal maschilismo, è un po’ questo il senso del nostro film. Non so se le generazioni più anziane riusciranno a farlo, quelle più giovani speriamo di sì. Come l’omofobia è andata diminuendo nel corso degli anni grazie ai movimenti lgbtq e una sensibilizzazione dell’opinione pubblica, così anche il maschilismo può diminuire”.

Chi sono i responsabili di questo clima culturale e chi può fare la differenza per migliorare le cose?
Hofer: “Con Dicktatorship abbiamo indagato su quelli che secondo noi sono i pilastri del sessismo in Italia: la scuola, la politica, i media, la famiglia e ultimo, ma non per importanza, la chiesa. Gli atteggiamenti sessisti sono trasversali e indipendenti dal ceto sociale, dalla provenienza geografica, dall’orientamento politico”.
Ragazzi: “Alla fine sono tutti colpevoli, ma penso che la rinascita debba partire dai media, che in genere ci mettono un po’ il carico da novanta e invece dovrebbero educare la società”.

Il movimento #MeToo è servito a qualcosa?
Ragazzi: “È un treno che da noi in Italia è passato ma che abbiamo perso. In America è diverso: ora pensano sempre a una rappresentanza femminile quando organizzano eventi, progetti, iniziative. Negli Stati Uniti questo ha costituito una presa di coscienza tale che ora gli effetti si vedono”.

Quando avete chiesto a due giovani millennials come vivrebbero la richiesta di un loro figlio di avere in regalo una Barbie per giocare, al posto dei soldatini o delle macchinette, è tornato in auge “lo spettro del figlio frocio”. L’omofobia sarà anche diminuita ma non è ancora scomparsa. Come saranno gli uomini e le donne del futuro?
Ragazzi: “Ci piace pensare che i giovani siano molto più avanti. Negli Usa ci sono sempre più ragazzi gender fluid che si rifiutano di farsi definire. I millennials che abbiamo intervistato non sono rappresentativi di un’intera generazione, magari dicono quella roba lì, che gli dispiacerebbe avere un figlio gay, poi si rendono conto di aver esagerato e cercano di minimizzare. Anche loro sono cresciuti in una società in cui è meglio nascere uomini e non essere gay o femmina: i ragazzi bevono questa cultura come l’abbiamo bevuta anche noi. D’altro canto non si dice ancora ‘Auguri e figli maschi’?”.

Nel film ci si aspetterebbe più Vaticano.
Ragazzi: “È vero, forse lo abbiamo dato troppo per scontato. La chiesa trae la sua forza proprio dalla sua immobilità, difficile anche per papa Francesco cambiare una gerarchia composta esclusivamente da uomini”.
Hofer: “Magari nel sequel di Dicktatorship, ‘il ritorno’, ci occuperemo di questo”.

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