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“Diverso non significa più omosessuale”: Repubblica dialoga con Hoepli per aggiornare il dizionario

Ringraziamo le lettrici e i lettori per aver aperto il dibattito e ci impegniamo a portare avanti, con loro e con l’editore del vocabolario, un dialogo sul linguaggio che superi certi pregiudizi

di , Repubblica.it, 18 marzo 2021

Il dizionario dei Sinonimi e dei Contrari di Hoepli, che ospitiamo sul nostro sito, manterrà il sostantivo e aggettivo “diverso” come sinonimo di omosessuale ma ne specificherà l’uso desueto. Per il vocabolario Hoepli, invece, la parola “diverso” resterà eufemismo di omosessuale. Nulla osta, invece, alla sostituzione di “propensione” a favore di orientamento sessuale per aggiornare il significato di omosessualità.

È questo il frutto del dialogo, stimolato dai nostri lettori e dalle nostre lettrici sui social, che abbiamo appena intavolato con la casa editrice Hoepli per un linguaggio più inclusivo e rispettoso delle persone.

Ci siamo confrontati con il curatore del Grande Dizionario di Aldo Gabrielli, aggiornato dopo la sua morte da Massimo Pivetti e Grazia Gabrielli, pubblicato dal 2007 dall’editore Hoepli, e con Michele Giocondi, curatore del Dizionario dei Sinonimi e Contrari della stessa casa editrice. Alcune risposte sono problematiche ma ci riserviamo di raccogliere osservazioni, curiosità e domande di chi ci legge per approfondire ulteriormente il tema, se vorrete.

Professor Pivetti, “diverso” è segnalato nel vocabolario Hoepli come eufemismo per omosessuale, un’accezione che non usa quasi più nessuno, dunque desueta. Perché continuare a riportarla?

“Il senso è proprio qui nella sua sopravvivenza stentata e sempre più rara, che rappresenta uno di quei casi in cui il ricorso al dizionario è di maggior aiuto. In altre parole, se un lettore si trova di fronte a un testo, per esempio Felice chi è diverso del poeta Sandro Penna, in cui ci si imbatte ripetutamente in questo termine, si attenderà giustamente di trovare nel suo dizionario una spiegazione che lo aiuti a capire il significato di ciò che sta leggendo. Non è un caso che lo si trovi per questo in altri autorevoli lessici, dal Sabatini-Coletti alla Treccani. Forse ci si aspetta da un dizionario di lingua qualcosa che esso non può, e non vuole in alcun modo, dare. Un dizionario infatti non è né un’enciclopedia, né un saggio sociologico, né tanto meno un trattato di filosofia morale: tutte opere che, esplicitamente o implicitamente, implicano l’emissione di giudizi e valutazioni, e quindi presuppongono prese di posizione, scelte, simpatie”.

Dal 1990 l’Organizzazione mondiale della Sanità parla di omosessualità come una “variante naturale del comportamento umano”, le scienze suggeriscono orientamento sessuale che è cosa diversa da “propensione”, cioè una “buona disposizione”, o come si diceva un tempo da una “inclinazione”, o peggio ancora una “tendenza”. Nella scelta di una di queste parole non c’è una valutazione che presuppone una presa di posizione?

“In tutta sincerità non mi è mai sembrato che ‘propensione’ avesse niente di disdicevole; anzi, mi pareva che cogliesse fedelmente quel processo intimo di ‘rivelazione’ dell’omosessualità, come è descritto, per esempio, da Pasolini negli scritti giovanili o da Sandro Penna in tante sue liriche. Non avrei comunque nulla in contrario alla sua sostituzione con orientamento sessuale”.

Se per eterosessualità troviamo il significato di “attrazione sessuale nei confronti di persone di sesso opposto”, per omosessualità non c’è una spiegazione analoga, ad esempio “attrazione sessuale nei confronti di persone dello stesso sesso”, ma appunto “propensione a raggiungere la soddisfazione erotica e sessuale con persona dello stesso sesso”. Perché le due parole non vengono trattate allo stesso modo?

“È un errore metodologico, quando non si tratti di termini esclusivamente tecnico-scientifici, quello di costruire una definizione prendendo a modello quella del suo contrario (es. alto/basso, grasso/magro, pieno/vuoto, maschio/femmina, cotto/crudo), con la pretesa di creare una specie di simmetria tra l’uno e l’altro. Ogni parola ha, oltre che il suo specifico significato, una sua identità più intima, un suo ‘spessore’, che è determinato dalla sua storia, dall’ambito in cui è nata e si è imposta, dalla forma in cui è stata modellata dall’uso”.

In cosa differiscono, secondo lei, eterosessuale/-lità e omosessuale/-lità?

“Entrambe le coppie sono di origine ‘dotta’, ma ciascuna ha avuto un destino suo, diverso da quello dell’altra. Mentre la prima dotta era e dotta è sostanzialmente rimasta (quindi ancorata al suo freddo significato scientifico), la seconda è entrata nell’uso corrente, portando con sé anche i sottintesi, gli ammiccamenti e perfino i pregiudizi che l’uso corrente le ha attribuito. Tant’è vero che oggi nel parlato e nello scritto è stata ormai sostituita da gay: un termine di minore impatto perché straniero, che elude i rischi e le allusioni di cui sopra. Il diverso trattamento dei due lemmi eterosessualità/omosessualità non ha nessuna intenzione discriminatoria, né tanto meno nasconde un giudizio implicito; semplicemente, corrisponde al tentativo di rendere la differenza di cui sopra attraverso una definizione più articolata della seconda”.

Professor Giocondi, nel dizionario dei Sinonimi e dei Contrari della lingua italiana che ha curato per Hoepli si leggono come sinonimi di omosessuale: invertito, sodomita, diverso, pederasta, finocchio. Non sarebbe opportuno, come accade in altri dizionari, eliminare o almeno indicare l’uso spregiativo di questi termini?

“Dal punto di vista linguistico la scelta dei sinonimi presenti (omosex, omofilo | diverso, invertito, gay, pederasta, finocchio, lesbica, tribade, biche) è ineccepibile. Basta scorrere l’elenco dei sinonimi che propone il dizionario Treccani, che come è noto si può considerare il più autorevole in materia: “Bardassa, buco, checca, culattone, culo (rotto), cupio, finocchio, frocio, gay, invertito, omofilo, paraculo, pederasta, recchione, sodomita e altri”. Ai quali si aggiungono i termini femminili gay, lesbica, omofila, omosex, tribade”.

Il dizionario Treccani premette però al sinonimo il contesto di uso, che può essere letterario (lett.), spregiativo, (spreg.), volgare (volg.), e così via.

“Sono d’accordo nell’indicare il contesto dispregiativo di tali termini, anche per evitarne un deprecabile uso. Anche se la scelta di sinonimi proposti è piuttosto sobria e si limita al minimo indispensabile. Ben altri e più numerosi ancora sarebbero potuti essere i sinonimi riportati, che invece ho preferito ignorare. Comunque per evitare equivoci nella nuova edizione del dizionario dei sinonimi, cui stiamo lavorando e che uscirà prossimamente, premetteremo al sinonimo il contesto d’uso, in modo che il lettore possa decidere con piena consapevolezza se servirsi o no di quel termine. E questo vale, ovviamente, non solo per il lemma omosessuale, ma per tutti quelli che possono indurre a un uso disdicevole e offensivo, come ad esempio il termine di prostituta”.

Un altro rischio, segnalato da chi ci legge, è che le persone più giovani possano riutilizzare quei termini, e quindi una parola desueta torni ad essere di uso comune. Analogamente potrebbe accadere alle persone che non parlano la nostra lingua ma desiderano impararla.

“Il rischio esiste in minima parte, e comunque esula dalla portata dell’autore di un dizionario, cui spetta solo il compito di elencare i termini in uso, casomai precisandone il contesto. L’alternativa sarebbe depurare i vari dizionari di molti lemmi, e lo stesso andrebbe fatto dagli scrittori e dagli autori a qualsiasi genere, loro sicuramente più incisivi e determinanti dei dizionari nell’introdurre mode, usi linguistici e termini ‘disdicevoli’, col rischio però di un tipo di scrittura piatta, quasi anemica. La presenza di un termine nel linguaggio, sia pur sconveniente, dipende da una pluralità di fattori, dagli esempi che si ricevono, dalle reazioni che provocano, o dalla loro assenza, dal degrado socioculturale collettivo, e forse più dalla scarsa frequentazione dei dizionari che dalla loro consultazione. E anche l’indicazione del contesto di un determinato sinonimo può fare poco, molto poco. Magari dipendesse da quello, si rimedierebbe alla svelta!”.

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