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Etero di ritorno

Guarire i gay? Luca di Tolve e la sua “conversione a u”.

di , Pride, aprile 2011, p. 22

Guarire i gay? Anche se negli ultimi decenni è emerso con chiarezza che il vero problema da affrontare non è l’omosessualità, bensì l’omofobia, c’è chi non si arrende e continua imperterrito a perseguire l’obiettivo di “aiutare” le persone omosessuali a diventare eterosessuali.

Ha rispolverato il tema di recente monsignor Paolo Rigon, vicario giudiziale del tribunale ecclesiastico della Liguria. Aprendo il nuovo anno giudiziario, Rigon ha sostenuto che l’omosessualità bisogna “prenderla dall’inizio” perché altrimenti quando “è incancrenita” è molto più difficile. Perciò “deve essere affrontata dalla prima adolescenza, ne sanno qualcosa i nostri consultori”. Ne è nata un’ovvia polemica nella quale il cardinale Angelo Bagnasco, presidente dei vescovi italiani, ha preso le difese di Rigon.

Capita dunque a fagiolo, con questi chiari di luna, l’autobiografia (edita da Piemme) di Luca di Tolve, ex omosessuale italiano per eccellenza che portando dalla terza alla prima persona la nota canzone di Povia si intitola Ero gay. Nel libro l’oggi quarantenne Luca propone “una conversione a u” alle persone omosessuali sulla scorta del suo personale esempio.

Con il conforto di vecchie teorie psicoanalitiche secondo cui si è omosessuali perché si ha una mamma oppressiva e un padre assente, si dichiara “vittima dell’abbandono del padre quando era bambino” e spiega di avere avuto di conseguenza “un rapporto sbilanciato, ai limiti del morboso, con la madre”.

Capisce poi di essere gay e sceglie di vivere senza timori la propria vita contribuendo anche ad attività promosse da Arcigay. Racconta di essere stato eletto Mister Gay nel 1990 e di essere quindi diventato “famoso e molto richiesto a eventi mondani, feste e spettacoli”. In seguito a ciò sperimenta “ogni sorta di trasgressione e sfrenatezza”, si prostituisce e infine scopre di essere sieropositivo.

Si ritrova allora con tanta rabbia addosso, soprattutto verso il padre e verso Dio. Decide a questo punto di intraprendere “un percorso di conversione, su base psicologica e religiosa” per “riappropriarsi della sua mascolinità ed eterosessualità”.

Un cammino che egli stesso definisce “faticoso, fatto di dubbi e ricadute”, che grazie a Radio Maria lo porta prima a ciò che egli definisce un “faccia a faccia” con Padre Pio (durante la confessione con un frate francescano in un convento milanese) poi a Medjugorje dove “incontra” la Madonna. Dulcis in fundo, il 22 agosto 2008 sposa Teresa, “il dono più bello che la Madonna abbia voluto concedermi”.

Il minimo che si può dire delle 250 pagine scritte da Di Tolve è che generalizza un po’ troppo la propria esperienza individuale, utilizzandola come metro di giudizio e veicolo di pregiudizi nei confronti di tutte le persone omosessuali.

Dal testo emerge infatti che l’omosessualità in quanto tale ostacola gravemente un corretto relazionarsi con donne e uomini, che è disordinata e collegata a un’immaturità psicologica, che gli atti omosessuali impediscono di realizzarsi e di essere felici, che l’amore delle persone omosessuali è contrario alla volontà di Dio, che le coppie gay e lesbiche legalmente riconosciute sono un pericolo per l’umanità.

Diabolico addirittura: “Satana”, scrive Di Tolve, “si presenta in forme subdole e usa strategie diverse e molto sottili per sedurre le persone. Anche sotto questo aspetto alcuni indizi mi portano a credere che l’omosessualità sia una testa di ponte per la realizzazione dei suoi scopi”.

A Luca potremmo rispondere che gli studi delle scienze umane, oltre alle nostre esperienze personali diverse dalle sue ma altrettanto rispettabili, mostrano che l’omosessualità non impedisce corrette e sane relazioni umane e che il riconoscimento legale delle coppie gay e lesbiche giova alla società; che le coppie omosessuali e le loro famiglie sperimentano che il loro amore li rende felici e che l’omosessualità è per loro una delle opportunità della loro vita e non un problema.

Ma temiamo che a nulla serva l’evidenza. Si capisce infatti, leggendo il libro, che le persone omosessuali non sono legittimate a prendere la parola, spiegando che le loro ragioni non sono un capriccio.

A sostenere la tesi della conversione di Luca Di Tolve c’è anche monsignor Giovanni d’Ercole, vescovo ausiliare dell’Aquila e più noto al pubblico televisivo per la rubrica religiosa di Rai Due Sulla via di Damasco, che firma una prefazione raccomandandoci “una storia che va guardata con attenzione, ponendosi in ascolto di un Dio che ci ama come siamo per renderci come Lui ci vuole”. No comment.

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