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Finocchi tecnologici

Guardiamo al futuro con Teresa Numerico, docente di Teoria e Tecniche dei Nuovi Media. Dai contenuti di Gay.it in i-mode™ su cellulare alla figura di Alan Turing, il progresso è gay.

di , Gay.it, 13 agosto 2004

Scherzando un po’, nell’ultimo articolo abbiamo intercettato i cosiddetti e-gay. Prendiamoci sul serio: se sono stati i pionieri di Internet, saranno anche i primi a sperimentare nuovi modi di interagire con l’informazione e di “interfacciarsi” con gli altri! Gay.it è in evoluzione: con Wind è possibile visualizzare i contenuti del portale direttamente su un cellulare i-mode™.

Per dare concretezza a quanto scriviamo, per verificare i vantaggi e i limiti di questo tipo di servizio, abbiamo intervistato Teresa Numerico, prof. ssa di Teoria e Tecniche dei Nuovi Media all’Università di Salerno e di Bologna.

Cosa significa il marchio i-mode™ e come è effettivamente possibile scaricare pagine web sul proprio cellulare?
Si tratta di una serie di servizi multimediali che consentono l’accesso ad informazioni specifiche, tematiche: news, chat, sesso, sport, giochi, cartoni animati, ecc. Questa tecnologia ha avuto molto successo in Giappone. Più in generale possiamo dire che il modo migliore per scrivere contenuto per diverse piattaforme è usare l’XML e poi visualizzarlo su diverse interfacce, usando il software più adeguato. L’idea di poter avere tutte le informazioni utili mentre si è in movimento offre la possibilità di cambiare la modalità stessa del movimento. Ma, come dicono gli americani, “Content is king, technology is the queen”.
Per quanto riguarda l’offerta delle tariffe per l’accesso ai dati attraverso un terminale mobile va sottolineato che le offerte variano a seconda della compagnia di telecomunicazione scelta, ma c’è una sostanziale differenza con il traffico solo vocale perché si paga per la quantità di dati scaricati e non per il tempo della connessione.

Con l’introduzione del digitale, l’informazione “converge” in un’unica modalità di creazione e immagazzinamento delle notizie: ci aiuta ad interpretare il fenomeno? In altre parole, cosa ci aspetta nel prossimo futuro, sia in qualità di utenti che di comunicatori?
È chiaro che la modalità digitale consente di velocizzare i processi di produzione. Si “impacchetta” più rapidamente un servizio televisivo grazie all’estrema agilità di gestione dei contenuti. Non c’è nessun tipo di mediazione, spesso non è necessario un gruppo di persone per realizzare un servizio basta un giornalista dotato di telecamera, computer e un mezzo di connessione sufficientemente potente. Non importa se si usa la connessione fissa o mobile. La velocità di realizzazione evidentemente riduce i tempi di riflessione, ma non abbiamo il diritto di giudicare i mezzi di comunicazione in quanto tali. Dobbiamo però riflettere sul significato dei cambiamenti dei processi produttivi e sul loro impatto rispetto alla natura stessa del contenuto delle informazioni e della comunicazione. È inutile comunque strapparsi i capelli e accusare la tecnologia di peggiorare la qualità della comunicazione, ma è importante prestare attenzione ai cambiamenti in termini di opportunità e rischi come intellettuali e come cittadini.

Il suo libro Informatica per le scienze umanistiche (curato con Arturo Vespignani per Il Mulino), apre l’orizzonte dell’”informatica umanistica”: le interazioni tra le diverse discipline sono più profonde di quanto si possa pensare.
L’orizzonte esiste già da prima. Essenzialmente abbiamo portato alla ribalta il tema dell’interazione tra discipline umanistiche e nascita dell’informatica, un dialogo che ha avuto molti protagonisti e non possiamo non menzionare uno dei più illustri, padre Roberto Busa, un domenicano che alla fine degli anni ‘40, cioè in concomitanza con la costruzione dei primi calcolatori ebbe l’idea di realizzare un indice testuale in formato elettronico e la espose all’IBM. L’obiettivo era la realizzazione di un indice lessicografico dei termini usati nella Summa Theologiae di san Tommaso d’Aquino: fu allora che vide la luce il primo database elettronico-testuale.

Ha lavorato come autrice del programma di Rai Educational E-milio, per l’alfabetizzazione informatica degli studenti delle superiori. In uno speciale realizzato da Gay.it ci si interrogava sulla vivibilità delle scuole italiane per le persone omosessuali. Un insegnante ha un ruolo importante nell’educazione al rispetto che dovrebbe andare di pari passo con l’ “alfabetizzazione” e la “trasmissione” dei contenuti. Qual è la sua esperienza nelle Università di Bologna e Salerno, due realtà forse molto diverse per la visibilità di studenti e docenti omosessuali…
Insegno all’università e in quel contesto sinceramente non mi sembra che esistano discriminazioni. La percezione della diversità non riguarda solo le persone omosessuali; sentirsi diversi crea delle difficoltà particolari in contesti istituzionali come la scuola o l’università. Ma la sensazione di inadeguatezza nasce dalle caratteristiche più diverse. Magari perché non si sentono all’altezza di un compito per esempio, e questo è assolutamente trasversale al loro orientamento sessuale. Il problema non è l’istituzione in sé ma il modo in cui una persona si pone nei confronti del contesto: se è sicura di sé e serena sulla propria identità, avrà meno problemi nel relazionarsi con gli altri studenti e docenti. Non vedo differenze notevoli tra Sud, Centro e Nord Italia almeno per quanto riguarda l’università, cioè un ambito in cui è preminente la presenza di persone altamente scolarizzate e culturalmente evolute.

Internet come “super fonte”: un motore di ricerca tipo Google, interrogato con il nome e il cognome di una persona, permette di “visitare” i suoi impegni, gli interessi, le attività di una vita. Ho scoperto che lei, ad esempio, si occupa anche di politica. Leggevo in un suo intervento: ”(…) dialogo nell’accettazione delle diversità e anche del conflitto come una ricchezza delle componenti delle forze di centro-sinistra e di sinistra (…)”; costatava poi un “deficit di democrazia” proponendo come obiettivi da raggiungere: “la difesa dei valori della nostra Costituzione, come la solidarietà, il lavoro come diritto, la giustizia, la libertà di manifestazione del pensiero e il ripudio della guerra come mezzo per risolvere le controversie internazionali”. Di cosa si occupa?
L’anno scorso presiedevo un’associazione culturale basata sul territorio a Roma, “Città Nostra”, nata dalle ceneri di un comitato pro Prodi. La ragione che ci teneva uniti era quella di fare informazione culturale e politica al fine di riaprire il dibattito tra i cittadini prima e contemporaneamente con le forze politiche, su vari temi: dalla scuola alla ricerca, al lavoro. Non essendo affiliati ad un partito in particolare non tutti si riconoscevano nelle stesse idee politiche pur convergendo sul bisogno di un progetto comune politico comune. È stato un esperimento molto riuscito nel suo genere. La mia impressione è che le persone siano curiose e abbiano bisogno di luoghi di incontro sociali e politici, luoghi nei quali confrontarsi apertamente. Quest’anno l’associazione ha proseguito la sua attività ma ho dovuto lasciare la presidenza a causa dei miei impegni lavorativi.

So che sta lavorando alla stesura di un libro su Alan Turing e l’intelligenza meccanica. Sa che a Turing è dedicato un circolo Arcigay? Per la comunità rappresenta un vanto, un genio rivendicato con orgoglio come Oscar Wilde e Caravaggio, per intenderci.
Non sapevo del circolo ma credo bene che per la comunità gay rappresenti un vanto! L’omosessualità di Turing è importante perché – pur non avendo gli strumenti per affermarlo con sicurezza, certe intuizioni non possono essere provate – penso che abbia cercato nell’intelligenza delle macchine una sorta di isola, una simulazione dell’intelligenza umana indipendentemente da qualsiasi componente sessuale. Persino nel famoso test di Turing, un esperimento che avrebbe dovuto aiutare a valutare se una macchina era in grado di ingannare una commissione di interroganti inesperti comportandosi come si sarebbe comportata una donna. Il cosiddetto gioco dell’imitazione. Insomma la macchina come surrogato dell’umanità indipendente dai vincoli e dalle peculiarità proprie della caratterizzazione sessuale degli esseri umani.

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Teresa Numerico © p40.it
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Teresa Numerico alla Marcia della Pace © p40.it
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Teresa Numerico con Douglas Engelbart, ideatore del mouse © p40.it

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