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IL FONDATORE: «Salerno è una città chiusa, il sindaco ci aiuti a cambiarla»

«Ai miei genitori l’ho detto a tavola. Volevano portarmi da uno psicologo, poi hanno capito ed accettato. Siamo noi che non dobbiamo vergognarci».

di , Corriere del Mezzogiorno, 12 aprile 2003, p. 7

SALERNO – Ha vent’anni da poco compiuti, Pasquale Quaranta. È un attivista convinto, di quelli che gira ogni angolo d’Italia per incontrare e conoscere associazioni di omosessuali. Di essere gay, dice, lo sa da sempre. È lui il portavoce dell’Associazione salernitana di cultura omosessuale «Federico Garcia Lorca».

Non ti sei mai sentito diverso. Hai studiato per nove anni [otto, ndr ] in seminario. E ai tuoi genitori hai detto di essere omosessuale a tavola, tra una portata e una altra.
«Proprio così, è avvenuto circa un anno fa. Stavamo pranzando e gli ho detto che ero omosessuale. Sulle prime non lo hanno accettato, volevano addirittura portarmi da uno psicologo, convincermi che mi ero sbagliato. Io ho invece cercato di fargli capire che, in fondo, non stavo facendo nient’altro che essere me stesso. Mia madre ha 48 anni, mio padre 58, non è facile far capire ad un genitore queste cose. Quanto al seminario, ci sono stato per seguire seriamente gli studi, sono credente ma non ho mai voluto diventare un prete».

Tempo pochi giorni, però, e le cose con i tuoi genitori sono cambiate.
«Tanto che gli ho presentato il mio fidanzato. Lui è del nord e quando viene a trovarmi dorme a casa mia. Non ho nascosto la nostra storia e ho fatto le presentazioni ufficiali come avviene tra un uomo e una donna».

Tutto così semplice, quindi?
«No, sono stato molto fortunato. Ecco perché abbiamo deciso di fondare a Salerno questa associazione. Non è un caso se, tranne una parentesi di circa tre anni nel ‘90, a Salerno non si è mai riusciti a realizzare un concreto punto di riferimento della cultura omosessuale. Ci sono molti preconcetti, spesso proprio tra noi gay e lesbiche. Sono ancora troppo pochi quelli che escono allo scoperto. Salerno è una città borghese che certo, ad oggi, con gli omosessuali non si è mostrata affatto aperta, tutt’altro. Casi di mobbing, di discriminazione tra i banchi di scuola purtroppo si sono verificati».

Sarà per questo che chiedete una mano a tutti. Al primo cittadino e anche al mondo della movida.
«Al Comune chiediamo di accompagnarci in questa azione di sensibilizzazione. Per quanto riguarda la movida il nostro desiderio è quello di attivare dei locali gay friendly, ovvero non locali aperti esclusivamente agli omosessuali, sarebbe una sorta di discriminazione, ma sensibili a parlarne, ad affrontare l’argomento, perché no anche con serate a tema».

Che cosa dici ai tanti ragazzi omosessuali salernitani?
«Che le persone felici di se stesse sono quelle anche felici di amare».

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