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Intolleranza verso i diversi

Mentre abbandoniamo il locale sentiamo il cameriere borbottare: «Ma guarda ‘sti quattro froci…».

di , la Repubblica di Napoli, 10 novembre 2004, p. 14

Un venditore ambulante di calzini cerca di convincere i passanti ad acquistarne almeno un paio. Ci incrociamo, lo “scugnizzo” mi pedina per circa venti metri (come avviene solitamente) proponendo i calzini, io vado di fretta e gli dico: «Mi dispiace, non ho tempo…» e soprattutto «…non ho bisogno di calzini, grazie». Lui non si arrende, continua per altri dieci metri prima di darmi, a voce alta, in modo che tutti gli altri possano sentire, dell’omosessuale. Mi chiedo se ce l’ho scritto in fronte, se apostrofa tutti quelli che non comprano i calzini in quel modo, e continuo la mia giornata con un sorriso amaro stampato nella testa.


A Salerno mangio la pizza con amici “etero”, mi presentano una coppia di ragazzi che non conosco. Un amico accenna alla fantomatica “lobby gay” vigente in Italia chiedendomi un commento. La ragazza dichiara orgogliosa: «Per me dovrebbe tornare Mussolini, dovrebbero mozzargli la testa ai gay». I miei amici, sbalorditi, le chiedono se sta scherzando. Lei non scherza. A rincarare la dose ci pensa un altro ragazzo, che sbotta: «Pasqua’, ma uno non può avere un’idea diversa dalla tua?».


A Napoli mangio la pizza con amici gay. Chiediamo il conto, «72 euro» dice il cameriere. Pago con 75 euro e aspetto il resto. Ma il cameriere portando la ricevuta dice: «Pure i 3 euro vuoi?». Ci guarda in cagnesco e ci ridà i 3 euro. Mentre abbandoniamo il locale sentiamo il cameriere borbottare: «Ma guarda ‘sti quattro froci…».


Tre piccoli aneddoti, per chiederci: se avessimo voluto difenderci, quali strumenti legislativi avremmo avuto a nostra tutela? Se una ragazza, se un ragazzo omosessuale si dovesse trovare in situazioni simili a quelle che ho descritto, come potrebbe reagire? Ovvero, a quali leggi avrebbe potuto appellarsi per proteggere la sua identità? E se, mettiamo il caso, le persone in questione sono minorenni, o comunque non hanno la “visibilità” che abbiamo noi, in che modo sarebbe garantito loro l’anonimato e il diritto ad essere “diversi”?

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