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Io, giornalista gay, sul carro de La Stampa al Torino Pride

Il 18 giugno 2022, per la prima volta, i dipendenti di questo giornale marceranno insieme per i diritti delle persone lgbt+. Lo faremo in una città che vanta tanti primati arcobaleno, due dei quali (nel bene e nel male) legati proprio alla storia del nostro quotidiano. Condividiamo la nostra gioia con lettrici e lettori

di , La Stampa, 4 giugno 2022

Mai avrei immaginato, da giornalista gay, di partecipare a un Pride sul carro con le colleghe e i colleghi del giornale per cui lavoro. In Italia intendo. Quando circa vent’anni fa feci coming out a Battipaglia, mia madre voleva che andassi dallo psicologo. È un vecchio ritornello che giovani gay, lesbiche, bisessuali e transgender conoscono bene: «È solo una fase, passerà». Lo diremmo mai a un tredicenne eterosessuale che bacia la sua prima fidanzatina?

Una sera, tornando dall’università, trovai in soggiorno un frate francescano, neanche fossi indemoniato. A scuola, non mancavano gli sfottò. I pregiudizi continuarono a serpeggiare anche successivamente. Dopo l’università, per esempio, non pochi amici e colleghi giornalisti mi consigliarono di non occuparmi «solo» di tematiche lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, ecc. (lgbtq+): «Non auto-ghettizzarti, così non farai carriera. Non sai scrivere d’altro?».

Si darebbe mai lo stesso consiglio a un vaticanista, che scrive per tutta la vita del Papa? O a un collega di Motori, che scrive per tutta la vita di due o quattro ruote? Consiglieremmo mai a un ricercatore, che studia per tutta la sua vita una sola specie di formiche in Amazzonia, di occuparsi anche d’altro, per il bene della sua carriera?
Per la prima volta il quotidiano La Stampa parteciperà al Pride: redazione in piazza per i diritti lgbt+

È per questo che oggi, il fatto che le colleghe e i colleghi de La Stampa partecipino al Torino Pride mi commuove. Soprattutto mi emoziona lo spirito di chi ci ha pensato, cioè TorinoSette, il supplemento del tempo libero, ma in questo caso anche impegnato: «Essere dentro e non di lato – scrive la responsabile Tiziana Platzer nel suo editoriale – e non solo a titolo personale, nell’accoglienza del Pride ci fa credere di dare un decibel in più dell’orgoglio lgbt+. Il progetto ci fa sentire bene. Molto bene».

Le parole del direttore: «Aderiamo senza esitazione»
«Abbiamo deciso di partecipare al Pride senza un solo attimo di esitazione – afferma Massimo Giannini, direttore di questo giornale – Lo abbiamo fatto sulla base di un principio per noi irrinunciabile: affermare e difendere i diritti della comunità lgbt+ non significa difendere i diritti di una “categoria”, ma difendere i diritti di tutti. Per questo, nel solco dei valori in cui crediamo, che sono quelli della libertà, dell’inclusione, e del rispetto di tutti gli orientamenti sessuali e delle identità di genere, cercheremo sempre di dar voce a chi non ce l’ha e di tutelare chiunque venga discriminato. Consapevoli, tuttavia, che l’obiettivo finale di una società evoluta e moderna come quella che vogliamo raggiungere, sia quello della totale e piena uguaglianza tra tutte le persone».

La risposta della redazione
In redazione c’è chi si stupisce, chi dice che i nostri lettori non sono ancora pronti, chi reagisce d’istinto con uno «wow!». Penso che questa esclamazione rappresenti la distanza tra dove dovremmo essere e la realtà che invece viviamo: tanto più clamoroso sarà questo «wow», tanto più saremo lontani dal mondo che desideriamo. Il mio impegno, come giornalista, è cercare di ridurre questo scarto.

Sogno che un giorno l’Ordine dei giornalisti riconosca l’importanza di una rappresentazione corretta anche delle persone gay, lesbiche, bisessuali, transgender, queer nei media. Così com’è stato per i minori o per le persone migranti, sogno una Carta deontologica arcobaleno che integri il Testo unico dei doveri della categoria e si schieri senza se e senza ma contro l’omolesbobitransfobia. È una parola lunga ma è necessario scriverla e leggerla per impararla. Non solo perché ciò che non si dice non esiste ma nel superiore interesse delle lettrici e dei lettori a ricevere un’informazione corretta e parole chiare anche sui temi lgbt+. Spesso scriviamo immaginando il nostro pubblico come cisgender (a proprio agio con il sesso assegnato alla nascita) ed eterosessuale, mentre dovremmo avere un linguaggio più attento e inclusivo. Parlare a tuttə. Ci stiamo lavorando. In autunno, l’Ordine dei Giornalisti del Piemonte organizza un corso che va in questa direzione: non solo nella più evoluta Torino ma anche nelle province, forse meno abituate a questi temi.

Dal Fuori! al gruppo di gay credenti: Torino è la capitale lgbt+
Quindi le giornaliste e i giornalisti de La Stampa parteciperanno al Torino Pride. Lo faremo in una città che vanta tanti primati lgbt+, due dei quali (nel bene e nel male) legati alla storia di questo giornale. Nel 1971 nasce il Fuori!, la prima associazione per i diritti delle persone omosessuali, proprio dopo il rifiuto della direzione de La Stampa di pubblicare la lettera di alcuni ragazzi gay in risposta alla recensione del Diario di un omosessuale di Giacomo Dacquino, tristemente titolata «L’infelice che ama la propria immagine». Una nemesi storica.

Nel ‘74 esce Fuori! Donna, tra le prime riviste lesbiche a cura del Gruppo Fuori! Donna di Torino. Nel ‘75 nasce il Collettivo Travestiti Radicali. Nel ‘76 vede la luce Lambda, periodico del movimento di liberazione gay italiano. Nell’80 nasce la Fondazione Sandro Penna, tra le prime in Italia a occuparsi di cultura lgbt+.
Sempre a Torino, nell’81, all’interno del Gruppo Abele, trova spazio il primo movimento di gay credenti in Piemonte, il Davide e Gionata, su iniziativa di Ferruccio Castellano e Gustavo Gnavi: la scintilla questa volta viene dalla lettera di un giovane, Ernesto, alla rubrica «Specchio dei Tempi» de La Stampa. La questione è dilaniante: è possibile conciliare fede e omosessualità?

Anche la rivista Babilonia nacque in San Salvario
In pochi sanno che nell’82 il numero zero di Babilonia, il più longevo periodico a tematica gay associato da sempre a Milano, nasce originariamente nel quartiere San Salvario, in via Baretti, a casa di Felix Cossolo (all’epoca operaio della Fiat), che proprio da Torino organizza i primi campeggi gay nel sud Italia. Nello stesso anno nasce all’Ospedale Mauriziano, il centro di aiuto e sostegno alle persone transessuali. E ancora, al via nell’86 il festival del cinema lgbt+ d’Europa nell’86, Da Sodoma a Hollywood (oggi Lovers Film Festival), creato da Ottavio Mai e Giovanni Minerba.
Insomma, Torino è ricca di storia lgbt+. Dal 2008 esiste all’università anche un corso pionieristico di «Storia dell’omosessualità» tenuto da Maya De Leo, autrice del saggio Queer. Storia culturale della comunità lgbt+ edito da Einaudi.

Cercateci al Pride e salite sul nostro carro
Cosa c’è all’orizzonte? La nascita del museo italiano sull’omosessualità su proposta di Angelo Pezzana e Maurizio Gelatti. Dal 6 al 9 ottobre 2022, inoltre, Torino ospiterà la 29esima conferenza annuale dell’European Pride Organizers Association (EPOA), il network che riunisce chi organizza i Pride in Europa.
Intanto, cercateci il 18 giugno al Torino Pride e salite sul carro insieme a noi. Partenza alle 16.30 in corso Principe Eugenio e arrivo in piazza Vittorio Veneto, dove ci sarà un palco dal quale si ascolteranno gli interventi delle associazioni. Ci saremo perché vogliamo regalare a Torino un’altra data da ricordare: quella in cui le giornaliste e i giornalisti de La Stampa marciarono per la prima volta insieme al Pride.

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