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Dalla Francia un appello per aderire al Manifesto musulmano delle libertà. Che prevede diritti per donne, gay e miscredenti. E che raccoglie consensi. Anche in Italia.
di Pasquale Quaranta, Gay.it, 20 febbraio 2005
Sembra assumere rilevanza “straordinaria” l’iniziativa francese del “Manifesto musulmano delle libertà”. La notizia arriva per il tramite di Gianni De Martino ed è stata ripresa da un vero e proprio Think Tank per la libertà che si sta formando in Italia, e che ha come punto di riferimento la rivista “Ideazione”, “il Foglio” di Giuliano Ferrara e “Noi e gli altri”, la rubrica di riflessioni e di dibattito aperta da Magdi Allam per il “Corriere della Sera”.
Un folto gruppo di intellettuali, giornalisti, cittadini di origine musulmana ha deciso di siglare questo Manifesto mirante a salvare l’Islam dalla cattiva letteratura e dal suicidio provocato dal pensiero integralista. I firmatari e gli “amici del Manifesto” mirano a diffondere nella cultura islamica gli ideali di pace, di tolleranza verso le donne, le persone omosessuali e i laici.
Si può essere musulmani, quindi, ed essere contro la misoginia, l’omofobia, l’antisemitismo e l’islam politico: “Noi donne e uomini di cultura musulmana – credenti, agnostici o atei – denunciamo con la massima energia le dichiarazioni e gli atti di misoginia, di omofobia e di antisemitismo, rivendicati in nome dell’Islam, di cui siamo i testimoni da qualche tempo, qui in Francia”.
Il diritto islamico è il terzo grande sistema giuridico mondiale. In più di quaranta Stati al mondo, la vita è regolata dall’Islam, dalla “totale sottomissione ad Allah”. Difficile distinguere tra peccato e reato. Trovare posizioni unitarie nell’interpretazione della “sharia”, “la via da seguire” (ma si può anche tradurre con “legge divina”), è impossibile.
Fabio Scuto de “la Repubblica” (07.02.05) spiega come per la legge islamica i peccati-reati sono inglobati in tre grandi categorie: gli hudud sono i reati più gravi (come l’apostasia, la bestemmia o l’adulterio puniti con la flagellazione, la lapidazione, la decapitazione). I qisas, i delitti di sangue (omicidi, lesioni), sono puniti con la legge del taglione, ma se ci si accorda un indennizzo risolve tutto. La “sodomia” rientra nei tazir (il giudice-teologo ha un forte potere discrezionale), sono i peccati più lievi (come i furti, il consumo di alcol, la disobbedienza al marito e la falsa testimonianza). La donna? Un semplice complemento della vita dell’uomo: nessun diritto, solo doveri.
Per questo, secondo quanto scritto nel Manifesto, “occorre ritrovare la forza di una laicità viva”, promuovere l’”uguaglianza tra i sessi, condizione di democrazia”, dire “basta con l’omofobia”:
“Per gli islamisti come per tutti i maschilisti ed integralisti, “essere un uomo” significa esercitare un potere sulle donne, ivi compreso il potere sessuale. Ai loro occhi ogni uomo che patteggia per l’uguaglianza dei sessi è potenzialmente un sotto-uomo, un “finocchio”. Questo modo di pensare è ricorrente e va di pari passo con il rafforzamento dell’islamismo politico: la sua ferocia è pari solo alla sua ipocrisia”.
In Francia, uno degli organizzatori delle recenti manifestazioni a favore del velo islamico, avrebbe dichiarato: “È uno scandalo che individui scioccati dal velo non siano scioccati dall’omosessualità”.
“Secondo lui – commentano gli autori del Manifesto – è probabile che una società virtuosa sia una società che rinchiude le donne dietro il velo e gli omosessuali dietro le sbarre, come si è visto fare in Egitto. Si trema pensando a ciò che tali teorie, se trionfassero, porterebbero per tutti gli “spudorati”, ossia le donne senza velo, gli omosessuali o i miscredenti. Noi consideriamo invece che il riconoscimento dell’esistenza dell’omosessualità e la libertà per gli omosessuali di vivere la propria vita come intendono loro è un progresso che non si discute: dal momento in cui una persona rispetta le leggi di protezione dei minorenni, le scelte sessuali di ognuno riguardano solo lui e in nessun modo lo Stato”.
All’interno degli Stati musulmani c’è uno scontro non privo di ambiguità fra “conservatori” e “riformatori”. Il presidente iraniano, il “moderato” Khatami, ha spiegato: “… esistono due correnti: quella che sostiene la democrazia e lo sviluppo, e quella che vuole l’arretratezza e crea i terroristi”.
Intanto il collettivo riunito intorno al Manifesto delle libertà, pubblicato il 16 febbraio 2004 su “Libération”, si è costituito nell’Associazione omonima ed ha ritenuto di non mantenere più l’iniziale separazione, date le circostanze, tra i firmatari di “cultura musulmana” e gli “amici del Manifesto”.
“La questione che si gioca in questo momento attorno all’Islam – spiega Tawfik Allal, presidente della neonata Associazione del Manifesto delle libertà – concerne tutte e tutti, e la riflessione e l’azione transnazionale che vogliamo condurre ha bisogno di tutte le energie”.
Per informazioni: manifeste@manifeste.org – www.manifeste.org