p40.it


sito di Pasquale Quaranta

Sei in: home > interviste > L’altra Chiesa di don Vitaliano

L’altra Chiesa di don Vitaliano

Lunga intervista esclusiva al “prete no-global”, che marciò al World Pride, dal suo “isolamento” voluto dal Vaticano. L’attesa di una soluzione, la questione gay, il “nuovo mondo”.

di , Gay.it, 22 agosto 2004

[nota del 2006: questo è solo un estratto dell’intervista edita originariamente su Gay.it e poi su Babilonia, settembre 2004, pp. 64-67]


Un ragazzino gli chiede quasi urlando: “Zì prevt, ma a facite a festa?”. Don Vitaliano gli risponde come avrebbe fatto il suo amichetto di strada, alla pari: “Fa’ fridd”. È la festa dell’Associazione O’ ruofolo, che in napoletano significa “grillo-talpa”, formata dagli abitanti di Sant’Angelo a Scala che non ci stanno alla rimozione di Vitaliano Della Sala da parroco del paese. All’interno dalla ex chiesa del Santissimo Rosario, Franco Barbero, il giornalista Giovanni Sarubbi e Carmine Leo, portavoce de O’ ruofolo, hanno appena terminato un convegno su “L’Apocalisse, libro di sventura o di speranza?”. Imbandiscono l’altare con una bandiera della pace, sistemandola come se fosse una tovaglia. Celebrano messa. Don Vitaliano è sul sagrato della chiesa. Qui fuori il cielo è plumbeo. Inizia pure a “schizzichiare”. Un piccolo alberello ci ripara quanto basta.

Non dovevamo riscrivere un mondo, don Vi’?

È una situazione strana. Da quasi due anni, ormai, c’è un ricorso ai vari tribunali ecclesiastici, un ricorso che non viene discusso, non viene trattato. Cioè mi ‘tengono in una specie di limbo dove io non posso fare assolutamente nulla, non posso rilasciare interviste, non posso scrivere articoli, non posso partecipare a dibattiti, conferenze, ecc. Non posso addirittura fare il prete, nel senso che non posso celebrare messa se non in una chiesa a Mercogliano. Mi hanno dato anche una sorta di confino liturgico. Fin quando non ci sarà la parola fine da parte del Tribunale della Segnatura Apostolica – la Cassazione dei tribunali ecclesiastici -, debbono considerarmi parroco anche se io non posso farlo. È pesante, come situazione. Mi si chiede di tacere su tutto. Stranamente mi lasciano parlare in quella chiesa. Ma non posso toccare nessun argomento politico, sociale… Mi lasceranno fare interviste come questa ancora per poco. Comunque…

Cosa le dice il suo cuore?

Mi sento schiacciato.

Tutta colpa delle gerarchie? Cosa propone?

Non ci vogliono nemmeno grandi studi per capire che le gerarchie cattoliche sono come tutti i centri di potere. Vogliono solo auto-conservarsi e quindi hanno paura del nuovo, di chi ragiona con la sua testa, di chi si interroga sui tanti problemi, di chi si fa compagno di strada delle tante diversità che ci sono in questo nostro mondo. C’è questa gerarchia che vuole essere un monolita immutabile nel tempo, perché così conviene che sia. Secondo me l’affascinante di questa storia della Chiesa è proprio l’apertura a tutto quello che questo mondo offre. Come dire… l’andare verso le diversità, le differenze e non solo, accogliere le differenze al proprio interno. Don Tonino Bello, il vescovo di Molfetta, parlava di convivialità delle differenze. Secondo me è un’immagine molto bella di quello che noi dovremmo sempre più vivere.

Perché è importante, per lei, restare in questa Chiesa?

Fin quando ti lasciano dentro uno sta perché si possono fare tante cose di più. Io penso che starci dentro serve di più perché, ad esempio, se vuoi far passare dei messaggi, da prete cattolico, all’interno della Chiesa, riesci a farli passare di più. Io sto notando che da quando mi hanno fatto oggetto di provvedimenti e di punizioni, le televisioni, ad esempio, Rai e Mediaset, non mi invitano più. Ma non solo. “Stando dentro” nel senso tradizionale del termine, tu partecipi alle riunioni del clero… Io partecipo, ad esempio, alle riunioni del Presbiterio della mia diocesi, ho la possibilità di parlare, di dire la mia, di provocare… Non è che mi farei ammazzare per questo [ride] voglio dire… Fin quando c’è la possibilità, lo faccio. Anche perché, secondo me, la Chiesa cattolica non è del papa, dei vescovi, dei cardinali e del mio abate. Quindi io rivendico lo starci dentro. Rifiuto il fatto che ci sia qualcuno che possa dire: “Tu te ne devi andare!”. Essere prete uno lo sente dentro. Anche perché noi stiamo in Italia, viviamo in Italia sotto Berlusconi e non per questo ce ne andiamo perché non ci piace! Continuiamo a stare in Italia e cerchiamo di cambiarla, di cambiare la politica… Cioè se cominciamo a scappare, ad andar via, non troveremo mai il posto dove ci piace stare veramente, perché forse non esiste il posto dove staremo bene veramente. Allora dobbiamo pure accontentarci degli spazi, dei posti, dei luoghi dove siamo senza farci troppi problemi sul “se” restarci o “se” andar via.

In chiesa sta celebrando messa Franco Barbero, nonostante il Vaticano l’abbia ridotto allo stato laicale.

L’esperienza di Franco è l’esperienza di tanti altri preti che sono costantemente il mio punto di riferimento. Mi ha insegnato che essere prete non significa esserlo perché qualcuno decide fin quando e fin dove tu lo sei, ma è appunto ciò che tu senti dentro, è quello che tu decidi per te. Mi ha insegnato anche il coraggio di sperimentare vie nuove per fare il prete, di non avere paura di confrontarsi con l’altro, anche con chi la pensa in modo totalmente diverso da te, per crescere e per aiutare l’altro a crescere. Questa chiesa, la chiesa fatta di don Franco, di don Gallo, don Ciotti ma anche di altri fedeli laici, di cui non conosciamo il nome, è la chiesa del futuro. Voglio sperare e ci voglio pure credere, altrimenti è una bella organizzazione che va avanti perché è potente ma che non salverà né a se stessa né al mondo.


È davvero tardi per me. Ci salutiamo. “Puoi venirci a trovare quando vuoi. Le porte di questa chiesa sono sempre aperte!”. Faccio qualche passo e poi mi rigiro. Seguo con lo sguardo la sagoma di don Vitaliano salire per la strada che conduce al borgo antico. La sua andatura, il suo essere franco che trova coerenza in un linguaggio davvero semplice, la piccola comunità di Mercogliano con i suoi fedeli, sembra stonare con l’immagine di una Chiesa ricca, potente, fatta di grandi adunate, della servile attenzione mediatica, arguta nel linguaggio dottrinale, quanto astratta e lontana dai bisogni concreti della gente.

Torna su ^

Immagini dell'articolo:

don Vitaliano Della Sala © p40.it
don Vitaliano Della Sala © p40.it
Giovanni Sarubbi, Carmine Leo, don Franco Barbero, don Vitaliano Della Sala © p40.it
Conferenza sul tema: «L'apocalisse per i cristiani oggi», ex Chiesa del Rosario Piazza Conforti S. Angelo a Scala (Av). Da sinistra: Giovanni Sarubbi, Carmine Leo, don Franco Barbero, don Vitaliano Della Sala © p40.it
Convegno don Barbero © p40.it
Un momento dell'incontro © p40.it
Fedeli riuniti per la Messa
Comunità di fede S. Angelo a Scala (Av) © p40.it
Pasquale Quaranta, don Franco Barbero, don Vitaliano Della Sala © p40.it
Pasquale Quaranta, don Franco Barbero, don Vitaliano Della Sala © p40.it

Dimensione testo:

piccolo | medio | grande