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Lettera a Gesù Bambino

Riceviamo e pubblichiamo una riflessione di Gianni Geraci del Gruppo del Guado, omosessuali credenti di Milano, sul significato che può avere per noi omosessuali la nascita di Gesù: «Credo che la nostra omosessualità – scrive Geraci – sia davvero una grande grazia, un dono che ci aiuta ad essere più simili a te di chiunque altro».

di , www.p40.it, 24 dicembre 2006

Caro Gesù,
cosa scriverti in occasione del tuo Natale? Come accoglierti ancora una volta in mezzo a noi? Sinceramente, in un momento in cui la Chiesa sembra rappresentare un ostacolo che impedisce, a tante persone omosessuali come me, di avvicinarti e di capire quello che hai da dire a ciascuno di noi, sento forte la mia inadeguatezza e la contemporanea importanza di questo mio scriverti, di questo mio rivolgermi direttamente a te, superando, una volta tanto, la mediazione della Chiesa.

In questi giorni ho ricevuto messaggi di auguri che volevano sottolineare un evidente distacco dal significato religioso delle feste che stiamo iniziando: un amico mi ha augurato una buona festa del sol invictus; un altro mi ha scritto: «Anche se sono sicuro che il tuo Gesù non è mai nato, ti faccio i miei auguri lo stesso»; un altro ancora mi ricordava come i suoi auguri fossero, a scanso di equivoci, dei «laicissimi» auguri.

Cosa può dire uno che, come me, ti vuole bene davvero, a questi amici che sentono il bisogno, proprio nel giorno in cui ricordiamo il tuo compleanno, di prendere le distanze da te? Forse, con il tuo aiuto, in questa lettera, riuscirò a dire la cosa giusta a ciascuno dei miei interlocutori: ai tanti che non ti aspettano più perché credono ormai di essere i legittimi proprietari della tua persona, ai tanti che non vogliono aspettarti perché sono nauseati dall’ipocrisia e dall’arroganza di chi parla in nome tuo, ai tantissimi che, nonostante tutto, ti aspettano ancora, perché sanno che l’intimità con te è molto più importante di tutti i tentativi che impedirci di raggiungerti davvero.

So benissimo che, molto probabilmente, tu non sei nato il giorno di Natale. Così come, molto probabilmente, non sei nato a Betlemme. Al di là delle fantasticherie di alcuni uomini di chiesa e di tanti furbacchioni alla Dan Brown, so bene che, quasi sicuramente, non saremo mai in grado di ricostruire nei dettagli le circostanze della tua nascita. Ma so anche che quello che ci interessa non è tanto uno scoop sulla tua vita privata, ma il modo in cui quelli che hanno creduto in te hanno deciso di ricordare quell’evento. Ecco perché mi piace, al di là del fatto che forse sei nato il 27 aprile, scriverti una lettera di compleanno proprio oggi, nel giorno in cui si è affermata la tradizione che ricorda l’unico fatto certo: che qualcuno, a un certo punto, ha iniziato di dire (forte o meno di un’esperienza diretta di questo fatto, questo non potremo dimostrarlo mai) che: «Il Verbo di Dio si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi».

L’idea che tu abbia abitato in mezzo a noi è una cosa che mi consola. Così come mi consola la tradizione che ti attribuisce una nascita verginale. Caspita! Se i sacerdoti della tua epoca avessero saputo la verità sulla tua nascita ti avrebbero condannato a morte con la tua mamma. D’altra parte è quello che fanno certe autorità religiose islamiche quando decidono di applicare alla lettera la legge del Corano. Ed in parte, è quello che, fino a qualche decina d’anni fa, facevano i preti della tua chiesa quando creavano un clima pieno di ostilità e di diffidenza nei confronti di quelle donne che decidevano di non nascondere la gravidanza che avevano avuto al di fuori di un matrimonio.

Avrebbero potuto farti nascere in circostanze meno «ambigue». E invece hanno deciso di farti nascere da una donna che non era ancora sposata, così come hanno deciso di elencare tra i tuoi antenati una prostituta e una donna straniera. Io credo che non mediteremo mai abbastanza la forza dirompente di questi particolari che accompagnano il racconto della tua incarnazione: se li meditassimo un po’ di più capiremmo che i continui inviti al perbenismo familista, che provengono dai vertici della Chiesa cattolica, non sono altro che la conseguenza di una serie di contaminazioni con il potere che non ha niente a che fare con l’esperienza viva di quanti hanno confessato, fin dai primi decenni della nostra epoca, il fatto che tu fossi davvero il Signore.

Fa una certa impressione vedere che i Vangeli ti attribuiscono fin da subito la macchia originale di una paternità incerta: una macchia che, ai tuoi tempi, costituiva un motivo di discriminazione pesante. Una condizione che, a detta dei tanti esperti di diritto canonico che suggeriscono i loro documenti alla Santa Sede «benché non sia in sé peccato, costituisce tuttavia una tendenza, più o meno forte, verso un comportamento intrinsecamente cattivo dal punto di vista morale». Una condizione che assomiglia in maniera impressionante alla mia omosessualità. D’altra parte, non è un caso che le parole che ho appena utilizzato per descrivere la tua condizione di bambino nato al di fuori di una relazione di coppia familiare incentrata sul matrimonio, siano quelle che la Congregazione per la dottrina della Fede, usa per descrivere la condizione omosessuale (cfr. Lettera ai vescovi della chiesa cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali, 1986).

Naturalmente, gli stessi esperti di diritto canonico, di fronte a questa mia affermazione, si straccerebbero le vesti per dire che non è vero, che la tua condizione di bambino nato fuori da un matrimonio regolare, non ha niente a che fare con la mia omosessualità, che mai e in nessun caso si è parlato dei «bastardi» in termini men che rispettosi. Ma questi stessi esperti dimenticano il fatto che, tutti quelli che hanno ormai i capelli bianchi, ricordano l’atteggiamento di discriminazione e di disprezzo con cui le comunità cristiane guardavano coloro che, non a caso, venivano definiti «figli del peccato», un atteggiamento che assomiglia davvero tanto a quello che circonda le persone omosessuali come me.

Ecco Gesù, sapere che anche tu hai sofferto, quasi sicuramente, lo stesso disprezzo e la stessa discriminazione che tanti «figli del peccato» soffrivano fino a qualche decennio fa e che, ancora oggi, noi omosessuali soffriamo nella tua chiesa, ci consola ed è, per dirla con un’espressione troppo spesso contestata, un motivo in più del nostro orgoglio omosessuale.

Il fatto di non essere capiti dai sommi sacerdoti della nostra epoca, infatti, ci rende, in qualche maniera, molto simili a te, che non sei stato capito dai sommi sacerdoti della tua epoca. Molto più simili dei tanti padri di famiglia esemplari che vengono additati dai nostri vescovi come modelli di santità laica.

In questo senso, caro Gesù, credo che le persone omosessuali come me, dovrebbero festeggiare con particolare gioia il ricordo del Natale: perché il Verbo di Dio, che è venuto ad abitare in mezzo a noi, ha accettato che i Vangeli raccontassero il mistero della sua incarnazione, secondo dei modelli narrativi che lo avvicinano in maniera impressionante ai tanti omosessuali che, con un’ostinazione che può addirittura sembrare ossessiva, l’attuale pontefice e i suoi tanti fan, continuano a descrivere come dei «deviati» o dei come dei poveri disgraziati che vanno curati.

Vederti nella mangiatoia tra la tua mamma che ha dovuto affrontare il rischio della lapidazione e il tuo papà che ha dovuto accettare un racconto che ogni marito, forte del proprio diritto e del proprio buon senso, rifiuterebbe, ci fa capire che, al di là della Chiesa che ci condanna e contro questa stessa Chiesa che ha dimenticato la carità, ci sei tu che ci accogli con le tue braccia aperte e che hai deciso di condividere la diffidenza e il disprezzo che ancora ci circondano.

In questo senso io credo che la nostra omosessualità sia davvero una grande grazia, un dono che ci aiuta ad essere più simili a te di chiunque altro, un’opportunità che tu ci offri per essere capaci di amare in maniera diversa.

E allora buon compleanno Gesù. Buon Natale a te e a tutti quelli che hanno ancora bisogno di scoprire questa semplice verità.

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Immagini dell'articolo:

Pasquale Quaranta intervista © p40.it
Pasquale Quaranta intervista Gianni Geraci © p40.it
Gianni Geraci e Pasquale Quaranta © p40.it
Gianni Geraci © p40.it
Gianni Geraci e Pasquale Quaranta © p40.it
Gianni Geraci © p40.it
Lugano, 14 luglio 2003 © p40.it
Lugano, 14 luglio 2003 © p40.it

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