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L’ultima messa di don Fabrizio

“Me ne vado, senza rancore”. Il sacerdote fu al centro di polemiche per avere invitato in chiesa un gay e l’imam di Roma. Rignano, in centinaia hanno salutato il parroco trasferito.

di , la Repubblica, 17 agosto 2004

LA MESSA è finita. E con la messa si è conclusa anche l’avventura a Rignano di un “prete scomodo”. Centinaia di persone hanno salutato ieri mattina nel più piccolo paese del Gargano don Fabrizio Longhi, 43 anni, bergamasco, che ha celebrato l’eucarestia per l’ultima volta, prima essere trasferito, dopo 12 anni, per decisione della Curia. Sulla folla che assiste compunta si staglia uno striscione: «Rignano saluta l’asinello del Signore». L’asinello è un prete che ha diviso cuori e umori, un amico ricco di umanità per il popolo (i giovani lo chiamavano semplicemente Fabrizio), un discepolo stravagante e cocciuto per le gerarchie ecclesiastiche. Ieri alla festa patronale di San Rocco, davanti a monsignor Michele Seccia, vescovo di San Severo, don Fabrizio ammette «alcuni errori», ma le parole dell’ex parroco sono soprattutto per la sua gente: «Il popolo di Rignano Garganico rappresenta la carne di Dio» dice con le lacrime agli occhi.

I fedeli lo hanno difeso. Sempre. Tutti. Fino alla fine, quando si parla addirittura di barricate per non farlo andar via, per non farlo migrare «all’altro incarico» cui la Curia lo destina. Il popolo di Rignano lo protegge dalle alluvioni di critiche che gli piovono addosso a intervalli regolari. A cominciare da quel look che disturba, per esempio, quel modo di presentarsi sull’altare durante la messa, quando indossa invece che i paramenti sacri, semplici stole colorate, acquistate in missioni in Africa o in centri di accoglienza.

E soprattutto quando, lo scorso Natale, fa parlare durante l´omelia un omosessuale ventunenne di Salerno, Pasquale Quaranta, sostenitore delle iniziative dell’Arcigay. «Sono venuto in questa chiesa a parlarvi di omosessualità. No, non vi spaventate, ascoltate…» dice il giovane, davanti a un’assemblea attonita eppur desiderosa di viverne il racconto: l’episodio travalica il minuscolo abitato e fa il giro delle diocesi meridionali, i superiori vanno su tutte le furie, gran parte della comunità lo difende a spada tratta. Giovani e anziani, donne e uomini. E anche in ambienti ecclesiali c’è chi approva. Don Tonino Intiso, vicario della diocesi di Foggia, si espone: «Noi sacerdoti dobbiamo essere capaci di gesti forti come quello di don Fabrizio, altrimenti non diamo nessuna testimonianza».

Il pensiero torna allora all’altra vicenda, quella del Natale dell’anno prima. Don Fabrizio cede l’altare stavolta ad alcune prostitute e soprattutto all´imam della moschea di Roma, quella più grande d’Europa. Dà il microfono a colui che poi, pochi mesi più tardi, verrà rimosso e allontanato dall’Italia per le insolite preghiere ad Allah, «affinché faccia trionfare i combattenti islamici in Palestina, Cecenia e altrove nel mondo». Quest’anno a Pasqua, invece, decide di far suonare in chiesa giovani di tutta Italia convenuti per partecipare al secondo raduno di taranta, organizzato dal Centro studi delle tradizioni popolari del Gargano.

La notizia del trasferimento l’aveva annunciata il 20 giugno scorso proprio il vescovo, motivandolo come un normale atto dovuto alla chiusura naturale del mandato di don Fabrizio. La decisione però non piacque a nessuno, insorsero anche le associazioni tra le quali l’Arcigay. Ora don Fabrizio è atteso a un incarico in Lombardia, dove probabilmente si trasferirà per metà settembre. Difficile decifrare il suo stato d´animo, se sia cupo o sereno. Eppure ogni prete sa bene che come Cristo, si può essere «scomodi», ma non si può disobbedire al Padre.

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don Fabrizio Longhi, parroco di Maria Santissima Assunta a Rignano Garganico, 25 dic 2003 (diocesi di San Severo, Foggia) © p40.it

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