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Non ci convincerete più a discriminare i nostri figli

L’orientamento sessuale non è più nella lista delle cose che prendiamo in considerazione per sentirci soddisfatti o meno della relazione che ci lega ai nostri figli.

di , Agedo.org, 6 luglio 2006

Secondo molti, sarebbe meglio se non ci fossero. In effetti, qualcuno ha progettato e attuato soluzioni definitive al problema (dai roghi, ai lager, alle condanne a morte). Se queste non hanno sortito i risultati sperati è solo perché le persone omosessuali nascono subdolamente in seno a tradizionalissime famiglie eterosessuali.

Più efficace della morte fisica si è rivelata, invero, la morte sociale: portare le persone omosessuali all’esclusione o ai margini della società attraverso “campagne pubblicitarie” (antiche e moderne che veicolano stereotipi negativi falsità e pregiudizi): le persone omosessuali possono essere condotte così a vergognarsi di se stesse al punto da non vivere o vivere nascostamente la propria dimenzione affettivo-relazionale.

I genitori, a cui la sorte dava un figlio omosessuale dovevano vergognarsi per avere generato un peccatore pervertito che andava allontanato per non gettare discredito sulla famiglia; oppure dovevano pensare di avere generato un malato da commiserare e di cui cercare la guarigione con cure mediche e psichiatriche, internamenti, richieste di miracoli, il tutto accompagnato da grandi sensi di colpa. Attualmente il peccato, la perversione e la malattia vanno meno di moda e il political correct impone che si convincano i genitori che i figli omosessuali vanno rispettati e amati.

Ma tutto lo sforzo viene lasciato sulle spalle dei genitori, mentre non si adottano politiche anti-discriminatorie, non si attua formazione, non si fanno campagne di informazione e esplicitamente si afferma che le persone omosessuali non hanno bisogno di tutele specifiche in relazione alla propria identità.

D’altra parte la giostra dei locali notturni, del turismo, del sesso è a disposizione, perché chiedere altro? Forse perché le giostre dei divertimenti sono belle quando sono tali, ma diventano ghettizzanti quando sono l’unico luogo dove poter esprimere la propria identità. Forse semplicemente perché è arrivato il momento storico della dignità, della visibilità, dei diritti.

Prima ancora del matrimonio, pacs o unioni civili, i nostri figli vogliono comunicarci e comunicare la gioia di essere se stessi. Essi chiedono che la loro esistenza in quanto persone con un’affettività amorosa omorelazionale sia prevista e accolta con senerità da genitori, scuola, consesso civile. Pretendono che l’omosessualità non sia più un fattore discriminante e determinante per la qualità della vita. Tutto il resto verrà di conseguenza. Il riconoscimento e il rispetto sociale sono importanti tanto quanto il riconoscimento dei diritti legislativi individuali e di coppia e le due cose devono procedere insieme.

E noi genitori? Le “campagne pubblicitarie” da qualunque parte arrivino, non ci annebbiano più la mente. Il re è nudo! L’orientamento sessuale non è più nella lista delle cose che prendiamo in considerazione per sentirci soddisfatti o meno della relazione che ci lega ai nostri figli. Saremo felici di aiutarli “a tirar su casa” quando troveranno l’amore e faremo festa, a prescindere dal loro orientamento. Non ci convincerete più a discriminare i nostri figli.


L’autrice di questo articolo, Francesca Marceca, è una mamma dell’Agedo di Palermo

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