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"Omosentimentalità": un nuovo linguaggio d'amore

Attivismo, militanza, un neologismo: “omosentimentalità”. La vera marcia per l’orgoglio delle persone felici di amare.

di , Viottoli, anno VI, n. 1, p. 49

Esplorare il mondo omosessuale significa scontrarsi con pregiudizi e stereotipi che spesso riducono le persone in qualcosa di “diverso”, appunto, da quelle che esse realmente sono. Essere lesbica o gay qui al Sud, in Campania, nel 2003, vuol dire ancora essere considerata/o in termini di “trasgressione, perversione, malattia o peccato”. Sia i giovani che le persone adulte hanno paura e vergogna di essere se stessi, a causa del preconcetto che “la gente” potrebbe avere nei loro riguardi. Ciò impedisce e limita queste uomini e donne a vivere serenamente la propria vita.

“Le persone felici sono anche quelle felici di amare”

L’anima e i sentimenti sono tenuti insieme da un legame indissolubile che contribuisce alla gioia di vivere di ognuno di noi. Il benessere è una sensazione mentale alimentata, prima di tutto, dal bisogno di amare ed essere amati.

Un neologismo: omosentimentalità

Il mio pensiero in una parola, un neologismo etimologicamente scorretto che tuttavia riassume bene ciò che cerco di comunicare: “omosentimentalità”. Se ne è già parlato anni fa. È il tentativo di rivedere l’omosessualità sotto l’aspetto affettivo e sentimentale. Troppe volte si considera questo orientamento esclusivamente in termini di sessualità. L’universo emozionale umano in realtà non fa differenze tra “etero e omo” ma esalta l’Amore, come motore unico della vita e della storia. Iniziamo a parlare e a scrivere non più di “omosessualità” dunque, bensì di “omosentimentalità”; è questo un nuovo linguaggio d’amore.

Il dialogo con la religione: una “chiesa dal basso”

Per chi è credente, cristiano, un ostacolo spesso insormontabile per l’accettazione del proprio orientamento affettivo è la condanna della Gerarchia Cattolica Vaticana. Molti ragazzi e ragazze vivono con angoscia l’impossibilità di conciliare i propri sentimenti con la religione. Bisogna rilanciare il difficile rapporto “gay e fede religiosa” che spesso divide i cristiani. È bene distinguere tra “fede” (dono che prescinde da ogni “condanna vestita di luce” per dirla con Barbero) e “chiesa come Istituzione” (che considera l’omosessualità un “disordine mentale, una e/o un abominio.. ecc.”). Si sottolinea l’urgenza di un Cattolicesimo che riveda il suo “giudizio” nei confronti di milioni di omosessuali credenti presenti in ogni angolo della terra. È questo il bisogno che spinge a creare una chiesa che parta dal basso accogliendo le voci di quanti si prodigano a favore di una “teologia della liberazione”. Il fondamento di ogni vita davvero cristiana è l’amore per il prossimo, la capacità di comprendere e rispettare gli altri. La costruzione di impalcature teologiche e la tessitura di una rete di vincoli “morali” ha, in seguito, snaturato questo messaggio così semplice e rivoluzionario.

La vera marcia per l’orgoglio

Spero che in futuro non ci debba essere più il bisogno di organizzare e partecipare a un Gay Pride per ricordare che esistono “ragazzi che amano ragazzi” (cito Piergiorgio Paterlini, autore di Ragazzi che amano ragazzi – Ed. Feltrinelli). La giornata dell’orgoglio omosessuale è rilevante per una visibilità del movimento GLBT (gay, lesbico, bisex e trans) ma quello che non si capisce oggi è che la vera marcia per l’orgoglio si deve fare dentro se stessi. È troppo facile mettersi in fila, dietro tante persone anonime e fingere di avere il coraggio di gridare quello che si è. Tutto questo serve a poco, se le nostre giornate sono scandite da silenzi un po’ vigliacchi e dal desiderio di rifugiarsi nelle cose non dette, con la speranza che anche gli altri tacciano.

Gay con un volto e un nome: attivismo e militanza

Gandhi insegna: “Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”. È così. È una scelta di visibilità, libertà e amor proprio. Per aprire qualche varco cerchiamo di creare il terreno fertile per la nostra generazione e quelle future. Sono in pochi a portare avanti le proprie idee con coraggio, soprattutto qui al Sud. Se ognuno di noi avesse la forza di esprimere ciò che sente, confrontandosi con gli altri (genitori, parenti, amici), con rispetto e fiducia nel dialogo, si inizierebbe a guardare l’omosentimentalità con occhi diversi. Coraggio e parole per essere liberi!

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