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A tu per tu con... Paolo Patanè

Responsabile dei settori Salute e Giuridico di Arcigay, ma soprattutto coordinatore di Arcigay in una delle regioni più vitali: la Sicilia.

di , Pegaso, inverno 2007/08, n. 11, pp. 8-9

Paolo è innanzitutto un sorriso. Ha la determinazione di chi sa accettare le sfide, ma anche la calma e l’affetto di chi ha sofferto e comprende chi soffre. La sua storia parte dalla sua città natale, Giarre, parte dalla Sicilia, da una terra che ha isolato l’amore di una coppia di ragazzi. 1980: Toni e Giorgio decidono di farla finita, il loro amore è osteggiato da tutti. Ogni amore costretto a nascondersi è fonte di dolore. A volte di disperazione.

«Quell’evento – racconta Paolo – ha fatto parte dei miei turbamenti: le mezzi frasi della gente, le parole bisbigliate… La loro storia apparve, nel tempo delle mie paure, come un simbolo di grandezza. E insieme il segno di un destino infelice che attendeva anche me».

Ma i “puppi” arrivarono in massa a Giarre per protestare contro l’orrore di quella morte. Fu l’alba di Arcigay. Paolo ha 12 anni. «Ero un ragazzino ancora confuso e combattuto. Quel giorno si tinse dei colori del proibito». Il preside della scuola che Paolo frequenta ordina ai suoi alunni di non uscire di casa, soprattutto senza genitori. «Per molti anni a Giarre mi sono sentito solo».

Paolo oggi è un avvocato, ha deciso di difendere i più deboli. È nella segreteria nazionale Arcigay, responsabile del settore Giuridico e del settore Salute.

Com’è stato possibile far nascere 5 nuovi comitati Arcigay in Sicilia nel giro di pochi mesi?
«Le condizioni straordinarie che si sono create grazie al dibattito sui Pacs, una discussione che ha attraversato tutto il 2005, ha generato entusiasmi e aspettative. Molti hanno voluto essere protagonisti. Siamo stati costretti ad essere veloci, per inseguire la velocità di chi credeva in questa sfida».

Ma qual è il segreto per dare forma alle energie che partono dal basso e impiegarle sui territori locali?
«Quanto più riesci a dar voce, senso e ruolo a chi ha qualcosa da dire e da fare, tanto più riesci a renderlo parte di un progetto unitario».

Quali sono le prospettive per il settore Salute di Arcigay?
«Il Settore Salute si articolerà in tre grandi Aree: Medica, Psico-sociologica, Campagne nazionali. Stiamo lavorando su progetti per aumentare la disponibilità di risorse economiche: questo ci permetterà di consolidare la formazione e l’informazione, attraverso maggiori supporti, pubblicazioni, iniziative. Saremo presenti nelle campagne nazionali HIV/AIDS del Ministero della Salute, collaborando nella definizione dei parametri che riguardano le specificità della popolazione lgbt, ma punteremo a una campagna nostra sull’HIV e sulle MTS in generale, con un’attenzione specifica alla popolazione lesbica. Il Settore Salute vuole occuparsi non solo della “malattia”, ma anche dello “stare bene”, della qualità della vita».

Il Settore Giuridico non ha minori ambizioni.
«Continueremo a dare informazione e a fare ricerca in materia legislativa e costituzionale, ma intraprenderemo anche strade diverse. Il progetto è quello di lanciare una strategia giudiziaria che porti l’Associazione, laddove ne sussistano i presupposti, a far valere nei tribunali i diritti delle persone che la politica si ostina a non riconoscere. Si darà attenzione anche a forme di disobbedienza civile che verranno studiate, a supporto delle indicazioni politiche del Presidente e del Consiglio nazionale».

Qual è il tuo punto di vista su Arcigay in ragione del fatto che hai ruoli così diversi all’interno dell’Associazione?
«Arcigay si trova oggi di fronte ad una doppia sfida: il rapporto con una dimensione che diventa ogni anno più rilevante, e il riposizionamento rispetto alla politica, alla società. La sfida è riuscire a mantenere alto il nostro profilo, senza lasciare spazi ad egoismi localistici, facendo politica in modo unitario».

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