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La commozione di una vita intera...

... quando un libro rinasce tra la gente. Intervista di Delia Vaccarello a Paolo Rigliano, autore di “Amori senza scandalo” (Feltrinelli), sul dopo-libro: appunti di un lungo viaggio tra i lettori.

di , Fuorispazio.net, senza data

Leggere o sentire pronunciare le parole “giuste”, iniziare a respirare. È quello che avviene quando per troppo tempo riguardo a sé si è sentita solo la versione del “pregiudizio”, l’immagine deformata che getta una pesante ombra sull’identità. Paolo Rigliano nel suo libro Amori senza scandalo è riuscito a stanare il pregiudizio dai suoi rifugi più sicuri, dai recessi delle emozioni e dei sentimenti, dal percorso che ognuno di noi intraprende per il raggiungimento della maturità affettiva. Ha scovato le parole adeguate, che schiariscono la realtà e fugano le ombre. Poi ha portato il suo libro tra la gente, gli ha dato la vera vita, la seconda nascita.

Caro Paolo, queste domande riguardano i tuoi personali appunti di viaggio, il viaggio che stai facendo per l’Italia ormai da settembre per presentare il tuo libro. Hai incontrato migliaia di persone: qual è, del tuo libro, il concetto che è stato recepito con più immediatezza?
La felice normalità di un amore tutto intero, integrale, profondo, autentico perché corrisponde davvero a ciò che le persone sentono: ogni lesbica e gay sa, intimamente sa e riconosce che il libro parla di ciò che ognuno di loro, di noi ha sempre portato dentro, su cui ha cercato di far luce, cui ha cercato di dare le parole giuste, spesso non riuscendoci a causa di uno sguardo malevolo e già viziato in partenza. Ecco, io penso che tutti i lettori capiscano subito che il libro rivoluziona il modo di guardare, e dunque vivere, la propria esperienza emotiva.

Quale, invece, la parte che ha emozionato di più?
Mi pare di essere riuscito a comunicare la felicità di potersi sentire persone valide, integrali, positive, forti alla pari di tutte le altre: questo produce non emozioni passeggere e superficiali, ma un pensiero emotivamente denso, coinvolgente e nuovo. La proposta del libro riguarda la libertà di essere: l’ipotesi è quella di situare l’emancipazione gay e lesbica sul terreno dei diritti umani positivi, inalienabili, irriducibili, che fanno di ogni essere umano una persona integra, che può aspirare alla pienezza dell’essere. Perlomeno io ho colto l’emozione di far parte di un movimento che, a partire dalla concretezza specifica dell’affettività gay, realizza una condizione valida per tutti, donne e uomini: stiamo lottando – con modestia e senza ipocrisia – per aggiungere un granello di bene all’umanità... Davvero, la pietra scartata può diventare testata d’angolo…

La sessualità non viene esaltata, ma inserita con armonia nell’ambito dello sviluppo della personalità. Questa impostazione che reazioni ha suscitato?
Contrariamente alle mie attese, questa ipotesi scientifica è stata accolta benissimo! Per spiegare questa reazione, ritengo che il libro esprima un cammino che già molte persone avevano maturato per conto proprio, magari senza avere le parole per esprimere ciò che andavano elaborando o intuendo. Di fatto, il libro si situa dentro l’area più avanzata dell’affettività lesbica e gay, laddove chiunque può sperimentare che essere gay vuol dire non semplicemente andare a letto con qualcuno, ma aver maturato interiormente delle strutture relazionali globali, pervasive e profonde, che coinvolgono ogni piano dell’esistenza a partire dal proprio sentire emotivo.

Parli di democrazia affettiva, è stato difficile affrontare questo argomento nel corso delle presentazioni?
Nient’affatto! A Napoli per esempio, tutta la presentazione praticamente è stata incentrata su questo concetto, che è stato colto assai bene da chi ha già maturato una riflessione politica e culturale. Questo concetto credo che sia – lo diciamo sottovoce – rivoluzionario, e io vi sono particolarmente affezionato: mi pare uno dei risultati più belli della mia ricerca e mi rammarico solo di non avervi dedicato più spazio. In realtà, tutto il libro porta la forza della democrazia affettiva, e dunque i lettori possono incontrarla pressocché in ogni pagina del libro. Di questo concetto dovremmo fare la nostra bandiera di liberazione: per tutti.

Quali le differenze di reazione e intervento tra gay e lesbiche?
Una delle mie più grandi soddisfazioni è di aver avuto un’accoglienza entusiastica da parte delle lesbiche: so che il libro sta diventando un piccolo cult tra le lesbiche, io temevo che si sarebbero alzate difese e resistenze. Mi pare che le donne, che io ritengo – genericamente parlando – più attente e sensibili alle riflessioni sulla fondazione dell’omosessualità, siano state più pronte a riflettere sulla mia proposta. Le differenze che ho notato, però, non passano tra donne e uomini, ma tra chi si focaliza su aspetti “psico” e chi, invece, su quelli politici, tra chi è più interessato a riflettere sui miti persecutori dell’amore gay e chi no, tra chi si sente interrogato dalle grandi questioni della genetica, della scienza, del genere, del superamento dello stigma e chi invece ritiene che sia prioritario respingere il pensiero degli oppressori, per esempio gli psicoterapeuti e gli psicoanalisti.

Non prendi in considerazione la realtà delle persone trans, se non per cenni. Hai ricevuto delle critiche?
No, perché nel libro ci sono solo due spazi a loro dedicati, e ciò che io vi dico corrisponde al pensiero e all’esperienza delle mie amiche transessuali. Non si può parlare di tutto: per correttezza e per rispetto, ho preferito definire bene gli ambiti del mio discorso.

Mi puoi fornire anche i “numeri” del libro: copie vendute, numero di ristampa, quante presentazioni hai fatto?
Il libro è il più venduto della saggistica “alta” di Feltrinelli: anche in casa editrice sono molto contenti. Ho sempre creduto che il libro potesse e dovesse interessare le persone gay e lesbiche, perché offriva loro una analisi scientifica e psicologica innovativa e liberatoria. Appena ho iniziato a presentare il libro ho avuto subito la percezione che sarebbe stato accolto con favore: dovunque ho trovato tanto entusiasmo, e una grande capacità di analisi e una straordinaria attenzione hanno sempre accompagnato la mia proposta. Siamo arrivati alla terza ristampa, credo, non ne sono sicuro del tutto perché ho scelto di non inseguire il numero di copie vendute. Il numero di presentazioni fatte l’ho ormai perso: solo a Milano credo di averne fatte non meno di sei…

Che effetto fa vivere da autore in mezzo alla gente?
A me, nessun effetto “da autore”: cerco anche in questo di essere il più possibile laico e attento, detesto l’autorità (e l’autoritarismo) dell’Autore. Sento la tensione a capire, a dialogare, a comunicare, soprattutto ad ascoltare ciò che le persone mi offrono: dico sempre che la liberazione gay avrà vinto quando riusciremo ad avere dalla nostra tutte le casalinghe di Voghera e i portinai d’Italia. Sono molto curioso dei modi di pensare, delle domande e delle forme del domandare, mi faccio sorprendere dall’intelligenza e mi commuovo quando scocca la scintilla della comprensione: proprio di quello che io volevo dire. Questo mi dona una felicità indicibile; è questo che mi ha fatto capire che il mio discorso aveva un significato, una prospettiva, un valore. Nell’incontro con gli altri per me vale il dono dell’idee, della produzione intellettuale, delle fatiche che possono servire ad aggiungere una serenità anche piccola. Per me è sempre stato cruciale il dialogo, volto a cogliere le radici della sofferenza, e da cui gli interlocutori si aspettano un miglioramento, magari piccolo. È uno dei fondamenti della mia esistenza e del mio lavoro credere nel mutuo riconoscimento, nell’acquisire vicendevolmente possibilità, risorse e nuovi sguardi. Io mi reputo estremamente fortunato anche grazie a questo libro: sto verificando che ho contribuito – minimamente, umilmente, ma fattivamente – al fatto che le persone omosessuali (e non solo loro!) possano donarsi oggi uno sguardo più libero, felice e maturo: questa è ciò che mi piace chiamare la grazia, tutta laica, dell’incontro tra persone che lottano per realizzare un Bene allo stesso tempo personale e sociale. E vivo, sperimento concretamente che la fatica che ho profuso in questo libro “paga”: perché me ne viene una gioia immensa, che, se vuoi, è la gioia dell’autore che si sente capito e dunque apprezzato proprio da quei lettori, così amati, con cui ha dialogato nella solitudine del suo studio. Grazie a tutti i lettori!

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