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Pecoraro Scanio. Meno chiacchiere sul riformismo

Un anno fa circa, all’Hotel Mediterranea di Salerno, gli chiesi un’intervista. «Di che parliamo?» chiese. «Del suo coming out, della sua bisessualità...». Si irrigidì, si eclissò: «Non è questo il contesto, sentiamoci con calma più in là». Così gli scrissi una mail. Nessuna risposta.

di , Babilonia, ottobre 2005, n. 9, pp. 13-14

Adesso che da Salerno, dalla città che gli ha dato i natali, Alfonso Pecoraro Scanio apre la campagna per la sua candidatura alla presidenza del consiglio alle primarie nazionali, mi accoglie con un largo sorriso. Parliamo di primarie, certo, ma anche di PACS, di omo e bisessualità, di pace e di diritti.

Ma a cosa servono le primarie?
Servono per parlare delle riforme che vogliamo. Meno riformismo e più riforme. Meno chiacchiere sul riformismo senza riforme. Pure Fini dice che è riformista, ora sono tutti riformisti! Vogliamo riforme radicali.

La prima?
Innanzitutto sulla Pace, il Governo deve annunciare il ritiro delle truppe dall’Iraq. Questo senza dubbi da una parte dei miei alleati che continuano a dire: “Sì, ma discutiamo, gradualità ecc.”. No, dobbiamo fare come Zapatero in Spagna.

Pace è solo il ritiro delle truppe?
Nei cinque anni di Governo dell’Unione dobbiamo ridurre le spese militari, l’acquisto di armi. Dobbiamo dare fondi alle aziende che producono armi affinché possano convertirsi in aziende che producono tecnologie avanzate.

Come si “esporta” la democrazia nel mondo?
Non con le armi. È sbagliato aiutare i cittadini di tutto il mondo a ribaltare le dittature con i bombardamenti perché il rischio è esattamente quello che vediamo in Iraq: caduto il tiranno laico Saddam Hussein, rischiamo la Repubblica islamica fondamentalista dell’Iraq.

Magari una Repubblica fondamentalista che faccia accordi con le società petrolifere americane?
Magari una Monarchia, considerata “moderata”, in cui le donne manco possono guidare le auto, in cui si tagliano le mani alle persone, e le donne restano chiuse dentro casa. Allora, i talebani con il burqa sono estremisti. Gli arabi invece, poiché vendono il petrolio, sono moderati.

Per soldi, dunque, non si riconoscono le dittature?
Noi dobbiamo porci il problema dei paesi in cui ci sono migliaia di esecuzioni capitali l’anno, migliaia di morti nelle miniere ogni anno. Poiché si fa affari con la Cina, sembra che lì non ci sia la più grande dittatura comunista e capitalista del pianeta.

Il Governo dell’Unione sarà il Governo dell’Ulivo?
No, si tratterà di un nuovo Governo che dovrà essere più progressista di quello dell’Ulivo. Non bisogna ridurre la spinta progressista dell’Unione. Il centrosinistra deve essere capace di fare cambiamenti. Lo ripeto, obiettivo Spagna.

Se vince le primarie cosa chiederà a Prodi?
Sono l’unico candidato che ha detto: “Se vinco le primarie, chiedo a Prodi comunque di guidare la coalizione”. Ne ho tutto l’interesse e poi mi si frantumerebbe la coalizione se proponessi qualcos’altro! [risate] Ma voglio fare il vice, se vinco. Poi nel 2010, alle primarie successive, mi candido come premier. Perché l’obiettivo non è vincere le primarie ma battere Berlusconi.

Lei mi sembra molto franco. Anche Vendola, in Puglia, non le mandò a dire…
Il caso eclatante di Vendola dimostra che non è vero che più sei simile ai moderati di destra, più prendi voti. Perché la gente s’è rotta le scatole di politici tutti uguali e sa riconoscerli se bleffano. Dobbiamo battere Berlusconi e il Berlusconismo, quel virus berlusconoide che ogni tanto si diffonde anche dentro la nostra coalizione.

Parliamo di diritti, nello specifico di PACS.
Sui Patti di Convivenza parliamo con chiarezza. In Europa tutti i paesi sono più avanti di noi. Siamo vittime di un semibigottismo ma soprattutto dell’ignoranza del ceto politico. Questo è il dramma. Il punto è che l’Italia è molto più avanti. Le nuove leggi vanno approvate.

Chi sono i bigotti?
Quelli che girano intorno alle parole e non si rendono conto che riconoscere più diritti non significa toglierne altri a qualcuno. Io credo che ci sia qualcuno anche in buona fede, ma ce ne sono troppi in cattiva fede, che dicono: “Per difendere la famiglia, bisogna togliere i PACS”. Invece i Patti di Convivenza consentono a chi non vuole sposarsi in modo tradizionale di convivere, magari anche prima di passare a un matrimonio tradizionale.

I PACS riguardano proprio tutti.
Sì, riguardano anche gli eterosessuali. Ormai per ogni matrimonio ci sono due convivenze, lo dice anche la CEI. In una società che invecchia, c’è il problema anche tra persone che non abbiano rapporti sessuale ma semplicemente rapporti affettivi. Pensiamo a due cugine che vivono insieme da decenni. È scandaloso che alla fine, dopo essersi accudite per una vita, la persona che sopravvive possa vedere dei figli che magari hanno completamente abbandonato la mamma per vent’anni, che vanno là a rivendicare dei diritti mentre non esiste nemmeno alcun diritto per chi, invece, ha accudito quella persona. Il concetto stesso di Patto Civile di Solidarietà è prendersi cura dell’altra persona, in senso lato.

Per quanto riguarda la comunità gay?
Credo che la proposta dei PACS sia pragmatica e moderata. Ci sono paesi come la Svezia in cui ci sono sia i matrimoni gay sia i PACS. In Italia approvare questa legge è un progresso, è andare avanti. Per quanto riguarda le comunità gay, io mi batterò affinché nei primi sei mesi del nuovo Governo di centrosinistra la proposta sui PACS diventi legge dello Stato.

Contro il riconoscimento giuridico delle coppie di fatto, la Chiesa cattolica si è espressa con un “No”. Cosa ne pensa? Lei è credente?
Io sono credente nel senso che sono un battezzato, sono cattolico come credo sia il 95% della popolazione italiana. Bisogna dire che la Chiesa cattolica comprende tante realtà. Io vado con grande piacere alla Perugia-Assisi organizzata dai francescani contro il terrorismo e contro la guerra. Credo ci sia una dottrina sociale della Chiesa che ha fatto e fa del bene, credo che sul punto dei diritti ci sia invece un’arretratezza della Gerarchia che è assolutamente fuori dai tempi. La Chiesa ha avuto tante fasi, una fase oscurantista in cui c’era l’Inquisizione e un’altra nella quale Giovanni Paolo II si è scusato di tanti errori. La Chiesa tra cinquant’anni, ma io spero molto prima, dovrà scusarsi anche nei confronti delle persone omosessuali. È la stessa filosofia che portò a dire che Galileo non andava bene e che Giordano Bruno doveva andare al rogo.

Di Ratzinger cosa mi dice?
Le dichiarazioni di quand’era Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede non mi sembravano particolarmente “open”. È un papa chiuso, conservatore. Speriamo si renda conto che la Chiesa, tra i suoi valori, debba inserire il grande valore della libertà, dell’amore. Io credo che riconoscere i PACS significhi dare più spazi all’amore. Obbligare la gente che si vuole bene a non avere alcun riconoscimento legale è sostanzialmente un’inibizione all’amore.

Oggi molte famiglie che scoprono l’omosessualità dei propri figli hanno difficoltà ad accoglierli. Cosa si sente di dire loro?
Ma sai, consiglierei loro di farsi un giro a Barcellona, Parigi, Londra e di rendersi conto che la società è molto più aperta di quanto abbiano visto nelle loro piccole realtà. E di preoccuparsi molto più della droga che non di questo.

Un ricordo del suo coming out?
Fu nel 2000, durante il World Pride, durante il Giubileo. Più che altro feci un appello sulla base di una mia ipotesi: ritenevo che la bisessualità fosse un atteggiamento molto più tipico nelle società mediterranee, che fosse una cosa molto tradizionale. Questo divenne uno scandalo perché ero ministro.

Critiche?
Ma in realtà ebbi molto sostegno, poche critiche. Alcuni mi dissero: “Ma che hai detto? Queste cose si fanno, ok, ma non si dicono!”. Vizi privati, insomma, e pubbliche virtù. Queste furono le “critiche” più strane.

Bisessuali si nasce o si diventa? [risate]
Ah, non lo so! Queste sono le solite cazzate psicologiche. Io penso che l’importante nella vita sia stare tranquilli e fare le cose che ognuno si sente di fare. Nel rispetto degli altri.

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