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Quando l’amore crea la famiglia

Il pregiudizio popolare non ne prevede neppure la possibilità. Eppure le famiglie omosessuali cominciano ad essere una realtà concreta anche in Italia. Ne parliamo con la presidente dell’associazione “Famiglie Arcobaleno”, che insieme alla sua compagna sta vivendo le gioie della maternità.

di , Pride, ottobre 2006, pp. 15-16

Presidente dell’Associazione “Famiglie Arcobaleno” è una donna con la passione per il canto (è contralto in una corale salernitana) e per il web (è una delle sei owner della lista lesbica italiana: “Scrivo biografie di lesbiche famose” dice convinta, con un accento avellinese-salernitano mitigato dalla pronuncia francese).

Si guarda intorno circospetta, Giuseppina La Delfa, che vive in provincia di Avellino, in Campania, ma è nata nel nord della Francia nel 1963 da una famiglia siciliana emigrata. Lì ha studiato, ha incontrato Raffaella (sua coetanea e sua attuale compagna), si è laureata in lingua e letteratura italiana.

Dal 1990 entrambe si sono trasferite in Italia e da allora insegnano lingua francese all’Università di Salerno.
Nel 2000 Giuseppina e Raffaella si sono pacsate al consolato francese a Napoli.
Nel 2003 Giuseppina ha messo al mondo Lisa Marie (3 anni ad aprile) “grazie al semino di un signore molto gentile”.

Solitamente i figli fanno coming out con i propri genitori. In che modo farete coming out con vostra figlia?
Lisa Marie sa da sempre che noi abbiamo chiesto “un semino a un signore molto gentile che ci ha aiutate a farla nascere”. Una volta ci ha chiesto: “E chi è? Come si chiama?”. Le abbiamo risposto che non lo sappiamo perché non lo conosciamo. “Sappiamo solo che è stato molto gentile”.
Di solito anticipiamo le sue domande. Già adesso le spieghiamo: “Hai una famiglia differente rispetto alle altre perché hai due mamme”. In modo che non si stupirà, un giorno, se qualcuno dovesse obiettarle l’assenza del padre o se qualcuno si mostrerà stupito vedendola allevata da due mamme.

Qualcuno vi ha mai chiesto se è giusto per una bimba avere genitori omosessuali?
Qualcuno che non sa niente delle nostre vite magari fa questo tipo di domande.
È come chiedere se è giusto, in astratto, avere genitori coi capelli rossi oppure mancini. La trovo una domanda assurda. Una bambina dovrebbe crescere con chi la ama e l’ha desiderata. È giusto che Lisa Marie abbia dei genitori che le vogliono bene.
È l’amore che fa una famiglia, il resto ha poca importanza.
Ad ogni modo l’interrogativo è mal posto. La possibilità di procreare non è in nessun caso concessa o imposta da terzi, ma è una scelta personale.

A vostra figlia mancherà mai un padre?
Credo che si possa parlare di assenza di qualcuno se l’hai avuto prima e poi non ce l’hai più. Ma se nostra figlia questo qualcuno non l’hai mai avuto, credo che non le mancherà. Potrebbe avere, un giorno, la curiosità di conoscere il donatore per scoprire, che so, delle somiglianze somatiche. Ma non c’è sofferenza. Mia figlia soffrirebbe se una di noi venisse a mancare, non per la privazione di questo ipotetico padre che non ha mai avuto.
I bambini, piuttosto, soffrono se i genitori non si rispettano, o si separano.
Non lo dico io, ma studi autorevoli e soprattutto lo dicono i bambini allevati da coppie omosessuali che, diventati adulti, raccontano le loro storie.

Quali sono le difficoltà che incontra oggi una coppia lesbica con figli?
Innanzitutto il riconoscimento della co-madre nel sociale. Si dice sempre: “Di madre ce n’è una sola”. Il ruolo della madre è talmente radicato nella nostra cultura che la gente fa fatica a credere che una bambina possa avere due madri.
Solitamente si tende a sottovalutare l’importanza di colei che non l’ha partorito. Io devo fare un grosso sforzo per spiegare a chi me lo chiede che “Raffaella è la mia compagna ed è lei l’altra mamma di Lisa Marie”. Altrimenti Raffaella si troverebbe in una condizione non alla pari, non rispetto alla bimba ma nei confronti degli altri, della società. Proprio come una madre dice: “Lui è il padre di mia figlia” (riferendosi al marito), allo stesso modo io, mamma biologica di Lisa Marie, dico: “Lei è l’altra mamma di mia figlia” (riferendomi a Raffaella).

Nella comunità gay c’è chi rifiuta la parola “famiglia” per identificare questi nuovi rapporti tra le persone. “La famiglia”, dicono queste persone, “fa acqua da tutte le parti”, ed è spesso luogo di soprusi e di violenze”.
Secondo me la “famiglia” è questo ma è anche l’unione di persone che si amano e condividono un cammino comune, volontariamente.
Non è la parola famiglia che dobbiamo combattere, ma la violenza e i soprusi che possono minacciarla. Conosco famiglie etero pacifiche e serene.
Nostra figlia vivrà con me e Raffaella, con la nostra famiglia, fino al compimento dei 18 anni. Poi sarà libera di scegliere cosa fare della sua vita. Chiamiamoli triangoli, rettangoli, comunità, ma la sostanza resta sempre la stessa.

Facciamo un passo indietro. Da quanto tempo desideravi avere un figlio?
Dall’adolescenza. Ma essendo lesbica facevo questo ragionamento: “Poiché non posso avere figli, non li voglio”. È l’arte di reprimere se stessi. Quando non puoi avere una cosa, è più facile dire che non la vuoi.

Come ha reagito la tua famiglia di fronte alla scelta di avere un figlio con Raffaella?
All’inizio, quando c’era solo il progetto, era tutto più difficile. Non volevano, dicevano che non era giusto privare la bimba di un padre. I miei genitori sono siciliani tradizionalisti. Hanno fatto un grosso lavoro per accettare questa situazione. “Ma sei pazza”, obiettava mia madre, “come ti viene in mente? Non sarà mai mia nipote!”.

E tu cosa le rispondevi?
Non le ho mai dato troppo peso. Dal momento in cui sono rimasta incinta, i miei hanno cambiato atteggiamento. Adesso guai a chi tocca Lisa Marie! La bimba ha semplificato tutto, anche i rapporti con i miei genitori. Mia madre telefona alla mia compagna per chiederle come sta.
Ho avuto sempre paura che i miei non accettassero Raffaella come co-madre. Con la nascita di Lisa Marie non hanno potuto far finta di non vedere, di non capire. Perché se c’è una bambina che mi chiama “mamma”, e chiama così anche la mia compagna, allora non puoi far finta che Raffaella sia la mia “coinquilina”. Finché eravamo due in casa, senza figli, anche la gente faceva finta di non riconoscere il nostro amore. Soprattutto qui al Sud dove molte donne, a causa degli affitti costosi, condividono l’appartamento con un’amica.

Quando hai capito che potevi realizzare il sogno di diventare madre?
A 35 anni ho cominciato a leggere un po’ ovunque. Storie di donne che hanno fatto ricorso a tecniche di procreazione assistita e di cliniche dove le coppie omosessuali sono accolte senza problemi come qualsiasi coppia sterile. Internet mi ha aiutata molto, e a dire il vero anche qualche giornali scandalistico. Così mi son detta: “Perché no, dopotutto?”. Da quel momento è iniziato a venir fuori l’istinto materno che avevo represso, a venir fuori più forte che mai.

E Raffaella? Come ha reagito la tua compagna?
La mia compagna, all’inizio, non se la sentiva di affrontare questa “battaglia”. Dovevamo combattere due guerre. Quella personale e quella con il mondo. Era troppo.
Ci ha aiutate l’Associazione Apgl (Association des parents et futurs parents gays et lesbiens). Grazie a loro abbiamo visto con i nostri occhi tante coppie lesbiche che hanno avuto bambini. Abbiamo visto bambine di 8-10 anni sorridere felici con o senza padre. Questo ci ha sollevate.

Quali sono i diritti negati ai figli di genitori omosex?
Attualmente, in caso di morte del genitore biologico, i figli nati all’interno di una relazione omosessuale rischiano per legge di essere privati della continuità affettiva con il co-genitore.
Negli eventuali ricoveri dei figli in ospedale, il co-genitore non può decidere da solo in merito alla salute del bambino.
Una persona che ha avuto un figlio in una relazione eterosessuale e si scopre omosessuale vive la forte paura che il figlio, nell’eventuale separazione, possa esserle sottratto.
In caso di separazione, i figli nati all’interno di una relazione omosessuale non hanno alcun diritto di avere contatti con il co-genitore. Di contro, il co-genitore non è tenuto ad assolvere a nessun dovere circa il mantenimento dei figli.

Come vi siete accordate tu e Raffaella?
Siamo andate da un avvocato e abbiamo cercato di fare il possibile affinché, in caso di morte della madre biologica, la bambina venga affidata all’altra madre. Questa volontà deve essere espressa chiaramente nel proprio testamento. In caso di separazione, invece, sta alla nostra buona volontà garantire questa continuità affettiva ed economica.

Un consiglio alle aspiranti madri lesbiche?
Siate visibili e chiare, altrimenti combinerete solo guai!
È una realtà nuova, non possiamo pretendere che la gente capisca subito qualcosa che noi stessi abbiamo faticato a realizzare.
Se avete bisogno, non esitate a visitare il nostro sito e a contattarci.
Il punto è che qui non si tratta di riformulare il concetto di “famiglia allargata”, ma di allargare il concetto di famiglia.

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