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Queer!

Un invito a riconsiderare le tante sfaccettature della sessualità di ciascuno di noi, che sfuggono evidentemente a consolidate classificazioni.

di , La Nuova Ecologia, gennaio 2012, p. 25

Nei discorsi sulle differenze di genere e di orientamento sessuale, nelle rivendicazioni di gay e lesbiche, capita sempre più spesso di imbattersi nel termine queer, che alcuni tendono a considerare come sinonimo di gay. Non è proprio così.

Il termine, presente nella lingua inglese con una connotazione dispregiativa e utilizzato per offendere le persone reputate “strane”, “particolari” o comunque non riconducibili allo standard eterosessuale, viene utilizzato con una forte connotazione politica da Teresa de Lauretis agli inizi degli anni Novanta. La studiosa ribaltava la prospettiva e utilizzava per la prima volta queer per valorizzare le differenze senza “appiattirle” in un’unica categoria opposta all’eterosessualità. Bisognava, per dirla con le sue parole, “reinventare i termini delle nostre sessualità, per costruire un altro orizzonte discorsivo, un altro modo di pensare la sessualità”.

A chi volesse approfondire l’argomento, segnaliamo l’appassionante traduzione del libro di Eve Kosofsky Sedgwick pubblicata da Carocci col titolo Stanze private. Epistemologia e politica della sessualità. Un classico che insieme ai lavori di Teresa de Lauretis getta le basi per una vera e propria teoria “queer”.

L’opera invita a decostruire alcuni binarismi per mezzo dei quali conosciamo il mondo tra cui eterosessuale/ omosessuale, maschile/femminile, pubblico/privato, salute/ malattia, natura/contro natura. Un invito a riconsiderare le tante sfaccettature della sessualità di ciascuno di noi, che sfuggono evidentemente a consolidate classificazioni.

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