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«Sono gay e credente. Non è malattia, non è peccato»

A Rignano Garganico un parroco ha affidato l’omelia della notte di Natale ad un giovane omosessuale.

di , Liberazione, 27 dicembre 2003, p. 7

«Sono venuto da Salerno per parlarvi di omosessualità, sono gay credente». Appena i trecento fedeli hanno ascoltato l’inizio di quell’insolita “predica”, nella chiesa di Santa Maria Assunta a Rignano Garganico (Foggia) si è alzato un forte brusio.

«Sinceramente in quel momento non capivo se stavano mormorando “che bello” oppure “che schifo”», racconta adesso Pasquale Quaranta, il giovane giornalista, 21 anni da compiere ai primi di gennaio, al quale il parroco don Fabrizio Longhi ha affidato l’omelia della messa di Natale. Un gesto coraggioso che non si sa ancora quali reazioni provocherà da parte della curia vescovile di San Severo, in Puglia. Non si sono viste, però, persone sdegnate che abbandonavano la chiesa, anzi a poco a poco gli animi si sono sciolti in abbracci per Quaranta e sua madre, Adelaide Gliorio, che a sua volta ha portato la testimonianza dell’Agedo, l’associazione dei genitori di omosessuali.

A don Fabrizio il giovane di Battipaglia era stato segnalato da don Franco Barbero, il prete di Pinerolo che il Vaticano ha recentemente sospeso perché benedice le coppie conviventi dello stesso sesso.

«L’omosessualità non è malattia – ha detto Quaranta verso la mezzanotte di Natale -, non è perversione né trasgressione né moda e, ora mi preme sottolineare, non è peccato. Gay e lesbiche – ha aggiunto – hanno il diritto di vivere pienamente la propria vita anche sul piano affettivo e sessuale».

Si tratta di un’aperta sfida alle tesi canoniche che al massimo tollerano il “l’oggettivo disordine morale” degli omosessuali a condizione che essi osservino la completa castità. «Chi chiede l’astinenza e la vende come esigenza di castità – ha proseguito infatti l’omelia – non ha capito il dono dell’amore».

Nella chiesa di Rignano Garganico sono così risuonate parole come gay e lesbica, «ancor oggi intrise di disprezzo o di scandalo», come ha osservato lo stesso Quaranta nel suo appello a riconoscere che «Dio non fa pezzi sbagliati» e quindi tutti sono da considerarsi e amarsi come suoi figli.

Forse un altro fremito di verità è corso sotto la navata quando il parroco – secondo il racconto del giovane – ha fatto notare ai suoi parrocchiani che, statistiche alla mano, probabilmente qualche omosessuale doveva essere presente anche tra loro.

«È la prima volta in assoluto», commenta entusiasta il segretario nazionale di Arcigay Aurelio Mancuso -, sono anch’io credente e per noi è un fatto eccezionale».

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Natale 2003
Adelaide Gliorio (mamma di Pasquale), don Fabrizio Longhi (al centro) e Pasquale Quaranta (a destra) © p40.it

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