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Torino, la vineria degli artisti a rischio chiusura: "Solo se il Comune ci aiuta potremmo farcela"

Il locale è il punto di ritrovo della comunità arcobaleno nel quartiere di San Salvario

di , , 20 maggio 2020

È a rischio chiusura la vineria degli artisti e il punto di ritrovo della comunità arcobaleno nel quartiere di San Salvario. Il coronavirus ha messo in ginocchio Oinos, la vineria-caffetteria che prima della pandemia si era distinta per l’iniziativa solidale «La Buta c’a speta» (La bottiglia che aspetta), ispirata dal «caffè sospeso» napoletano.

È il titolare Sergio Rovasio, che allora chiedeva ai clienti di lasciare una bottiglia di vino sfuso pagata a chi non ha la possibilità di comprarlo, ad avere bisogno di un aiuto ora e a diventare suo malgrado una delle voci più tristi della crisi delle enoteche e dei bar in Piemonte.

Quando arriva la sera e abbassa le saracinesche in via San Pio V in compagnia del suo fido Next, la mascherina lascia intravedere la preoccupazione di chi non riesce più a far quadrare i conti. «Due anni fa – racconta Rovasio, impegnato per decenni nei Radicali e nel movimento per i diritti civili tra Roma, Bruxelles e Torino – ho deciso di realizzare il mio sogno: fermarmi e aprire una vineria. Ho cercato quindi un luogo adatto a Torino, la città in cui sono nato, e questa strada mi è sembrata subito il posto giusto».

Via San Pio V trasuda di storia: incrocia via Madama Cristina e ospita la sinagoga, la chiesa valdese, lambisce il parco del Valentino con le campane della chiesa di San Giovanni Evangelista. «Dall’apertura – continua Rovasio – eravamo diventati un punto d’incontro nel quartiere ma ora la via è deserta da due mesi».

Non ci sono più gli studenti a festeggiare la laurea e il lockdown ha impedito agli artisti di incontrarsi la sera per parlare delle mostre e delle iniziative programmate in città. «C’erano anche clienti abituali che dopo una giornata di lavoro assaggiavano un calice di Ruché o di Nebbiolo, un Sauvignon veneto, o aprivano una bottiglia italiana».

Il lavoro si arresta velocemente con il decreto «Io resto a casa» e le misure del governo per il contenimento e del virus. «Abbiamo chiuso prima la caffetteria e subito dopo la parte di somministrazione cibo con i taglieri e la tipica “merenda sinoira” della nostra Giusi, 67 anni, un’altra storia di passione civile tra Iraq, Grecia e Stati Uniti».

Proprio quando Sergio comincia a vedere i frutti del suo impegno e anche Gambero Rosso segnala la caffetteria-vineria tra le migliori della città, incuriosendo anche clienti stranieri per la segnalazione nelle guide enogastronomiche, arriva la quarantena. «Dall’estero mi scrivono ancora oggi preoccupati per il numero dei contagi in Piemonte – confida Rovasio», che cerca di rassicurarli inviando una foto su Whatsapp con un bicchiere di rosso.

Anche il tentativo di convertire in parte l’attività con consegne a domicilio non gli permette di rientrare nei costi. «Prendevo l’auto e andavo ovunque, a volte un bicchiere di vino aiuta chi è più in crisi di me. Con il Business Network International, una rete di supporto composta da imprenditori che si riunisce settimanalmente, non è mai mancata la solidarietà. Ma adesso nemmeno questa basta».

Con la riapertura le cose potrebbero migliorare? «Prima della crisi avevamo il locale sempre pieno, avevamo programmato iniziative culturali e degustazioni con diverse cantine piemontesi, ma ora è tutto saltato – risponde Rovasio amareggiato – Non sappiamo nemmeno quando potremo riprendere quel tipo di attività. Il timore di chi si trova nella mia stessa situazione è che da giugno, quando è prevista la riapertura del dehors, della caffetteria e della somministrazione, i limiti saranno tali da impedire persino la comunicazione tra i clienti che spesso diventavano tra loro anche amici. Così muore anche lo spirito delle vinerie».

«Non so davvero come andare avanti – conclude Rovasio, che fa appello alle istituzioni – Spero che il Comune e la Regione ci aiutino davvero, in modo concreto, e non ignorino la nostra situazione».

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