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Un Cristo liberatore delle coscienze

Ausilia Riggi, siciliana, 71 anni, è una donna che ha alle spalle quindici anni di vita religiosa. Laureata in Filosofia nell’Università degli Studi di Palermo, è una teologa riconosciuta a livello europeo. I suoi studi abbracciano l’ambito antropologico del rapporto donna-sacro.

di , donne-così.org, 12 febbraio 2005

1. Quale Gesù

L’Autore prende lo spunto dal libro “The man Jesus Loved” di Theodore Jenning, pastore della Chiesa metodista americana, non per ribadire la presunta omosessualità di Gesù, ma per proclamare “l’indifferenza” del fatto qualora si fosse verificato. Sua precisa proposta è uscire da una considerazione della sessualità tabuizzata e additarne una equilibrata, lontana dall’enfatizzazione e dallo svilimento.

Un interessante articolo dello stesso De Martino sintetizza così il senso del suo interessante libro, che si avvale anche dei testi documentari raccolti da Pasquale Quaranta:

«… della sessualità di Gesù non sappiamo nulla, eccetto che era un maschio ebreo del suo tempo e che il suo coraggio consisteva nell’essere tenero. Non abbiamo bisogno né di un Gesù gay né di un Gesù eterosessuale o asessuato. Abbiamo bisogno del Cristo risorto. Occorre salvaguardare il valore “universale” del Cristo».

L’argomento è trattato con singolare maestria e coinvolgimento, fuori dai luoghi comuni, usati solitamente contro i nemici implacabili dell’omosessualità (tra i quali coloro che hanno contestato questo libro in quel di Salerno). E per prima cosa vengono smantellate alla radice le giustificazioni dell’aggressività omofobica, con la messa in questione della presunta inconfutabilità del punto di vista biblico, che non pochi portano ad avallo dei propri atteggiamenti persecutori.

Opportuna perciò la scelta di passi evangelici che parlano di Lazzaro, amico di Gesù; di Giovanni, il discepolo che Gesù amava; del ragazzo per il quale un centurione va a chiedere la guarigione; del giovane che confessa di avere osservato i comandamenti, e che Gesù, “fissatolo, amò”; del ragazzo che fugge nudo all’arresto di Gesù… Brevi flash che, accanto a quelli che si potrebbero riportare circa il comportamento di Gesù verso le donne e i peccatori incalliti, possono dare un’immagine di Gesù, libero da pregiudizi, che invita tutti ad attingere alla “pienezza di vita, che consiste nella partecipazione alla vita stessa di Dio”.

Ne risulta un Cristo liberatore delle coscienze, comunicatore del senso della vita, lontano mille miglia dall’imporre una precettistica, cara soltanto a coloro che si attengono ad “un’identità fissa e contratta”, riducibile ad “una piccola idea, spesso polarizzata e reattiva, della relazione con se stessi, con l’universo mondo, con gli altri e con l’Altro”: parole che non richiedono commento.

2. Il potere e la tentazione di assolutizzare il limite

L’omofobia, questa oscura paura del diverso a causa del sesso, è da collegare alle dinamiche del potere, che pretende dominare le persone asservendo a leggi restrittive la zona più delicata dell’umano, senza arrestarsi di fronte allo spazio della coscienza dove ha diritto di entrare solo Dio.

Facciamo dei distinguo, aggiungendo considerazioni, sulla pista delle dense, appassionate pagine dell’Autore.

Il grande errore di coloro che difendono in maniera impropria l’omosessualità è la caduta nello stesso errore degli “avversari”: la polarizzazione di punti di vista astratti (anche questa è una forma impropria di potere), in quanto non pertinenti alla centralità della persona, che è improntata del divino fin dal momento della creazione, luogo di esuberante diffusa alterità.

Vorrei gridare ai miei fratelli e sorelle che hanno una sessualità diversa dalla mia, che non c’è bisogno di difendere la verità; perché si difende ciò che è debole ed indubbio, non ciò che merita rispetto incondizionato.

Non parlo dell’assolutezza della verità in sé (che non abita in terra), ma di quella più umile e parziale che ci è dato esperire durante il percorso esistenziale.

Non parlo nemmeno – e qui potrei essere fuori dal coro – del limite assolutizzato, secondo la tendenza propria di chi presumesse fare della “irregolarità” un passe-partout arbitrario. La sessualità non è zona franca in cui tutto è permesso. È un modo di essere e di comunicare, che sarebbe limitato e fallimentare se fosse scollegato dal centro propulsore della personalità.

Prendo una frase da De Martino:

«Fra le persone che si amano non stabilendo essi stessi liberamente altri limiti che quelli della fedeltà e del disinteresse, esistono amori talmente fecondi e sublimi in sé, da non aver bisogno di alcuna sublimazione» (p. 34).

D’accordo sul non-bisogno di sublimare ciò che è di per sé buono. Mi trovo più impacciata di fronte a termini come “sublimità”, “ibrida totalità” (di Platone, Leonardo da Vinci, Shakespeare, Michelangelo, Goethe, e forse Gesù di Nazareth).

Ma – sia chiaro – la mia non vuole essere una critica a De Martino. Anzi ho da confessare che, leggendolo con molta attenzione, mi sono vista trasportare oltre le strettoie di argomenti pro o contro (l’omo). Perciò mi pare di potere servirmi a mio agio dello spazio in cui l’Autore si muove, che è quello laico: di quella rara laicità disincagliata da fanatismi di sorta.

3. Possibili strategie

Siccome ci troviamo di fronte ad un tabù diffuso, c’è da usare un duplice atteggiamento.

a) Rispetto alle chiacchiere, predicate o diffuse a livello sociale, è inutile sbandierare il diritto ad essere considerati normali, poiché si parlano due lingue del tutto diverse, anzi incomprensibili l’una all’altra. Ciò che per gli uni è un valore, è un disvalore per gli altri. Ma più pericolosa della contrapposizione sarebbe l’omologazione. Basti un solo esempio: che ne sarebbe di una “famiglia-omo” del tutto analoga a quella etero? Non si porterebbe acqua al mulino del privato difeso come luogo di sicurezza? Non è preferibile la dilatazione del senso e dell’uso onesto (da “onus” = peso) della propria diversità a tantissime diversità, indigeribili dagli amanti del quieto vivere?

b) Altra cosa sono le preclusioni istituzionali. Contro le quali bisogna lottare perché la legge tenga conto delle esigenze umane in tutta la loro gamma. La paura che la società si corrompa considerando normale ciò che non lo è, va fugata con una campagna contro una normalità fittizia, imposta dalla legge. Una convivenza sociale, in cui sia possibile la “convivialità delle differenze”, è obiettivo a lungo termine che richiede il vivo impegno di chi ha elaborato le sue frustrazioni e si fa carico, come Gesù, degli altri. A proposito De Martino non manca di riferirsi a Lui , come Agnus Dei, ed “Ecce homo”. Si facesse un dibattito su questo aspetto della figura di Gesù, si potrebbe dare ai termini un significato tutt’altro che sacrale; di immedesimazione ai poveri della terra, discriminati, separati anche quando vivono fianco a fianco l’uno dell’altro.

4. Come tutti

Dal libro traggo riferimenti stupendi che vorrei valessero per tutti senza eccezione. L’Autore si fa una domanda: il vero amore non è forse proprio quella divina follia erotica che ci fa dimenticare ogni convinzione o ipocrisia e ci rende nudi come anime e aperti come ostriche alla presenza dell’amato?

Risponde citando Testori:

“Se ti chiedessi
di stringerti a me
d’aprire la bocca
incrostata di sangue;
se Ti chiamassi
come si chiama un amante,
resisteresti,
fuggiresti da me?
Rispondi.
Non è una diffida.
È l’ultimo dado da trarre,
è l’ultima sfida”
(p. 31)

Non dovrebbero avere paura i “regolari” che si apra una maglia di permissivismo in materia sessuale, date le benevole concessioni, le benedizioni strappate a preti “conniventi”: roba che non serve da collaudo né da assicurazione per fare “da noi” ciò che ci negano (penso anche alle messe dei preti sposati contro l’esclusione dal ministero presbiterale). Quando da piccola avevo paura del buio (e chi non l’ha avuta?), mi bastava che qualcuno della famiglia mi facesse giungere anche da lontano la sua voce per riprendermi. Era la solitudine dunque che temevo, contro una voragine fatta di nulla, quale mi appariva il buio. Allora, per farci forza, basta abbattere la barriera dell’isolamento, e parlarci ascoltarci parlarci ancora… e non solo tra noi. Se c’è chi non vuole ascoltare, pazienza.

Giungerà al cielo
la nostra voce
e ricadrà come pioggia
sui giusti e gli ingiusti.

Non seguiremo l’esempio di discriminare chi ci vuol bene da chi ci vuol male. Continueremo a parlare, possibilmente in luoghi misti.

Di luce
ci vestiremo
per chi non vede
e gli regaleremo un sorriso
che dal basso
al Cielo salga
ad implorare
altra pioggia
per tutti.

Nel chiudere queste mie riflessioni un grazie particolare a te

Pasquale,
fratello grande
che stendi le braccia
a stringere covoni di spighe
per il pane da dare
ai figli che domani
continueranno
la tua battaglia d’amore.

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Immagini dell'articolo:

Ausilia Riggi © p40.it
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L’uomo che Gesù amava
Gianni De Martino, L’uomo che Gesù amava, Fabio Croce Editore 2004.

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