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Un giovane gay e una barzelletta di troppo

Edito originariamente col titolo: “Un giovane gay e una barzelletta di troppo sui ricchiun’, quelli “dell’altra sponda”.

di , Il Foglio, 26 luglio 2003, p. IV

Mi è scivolata tra le mani una storia che forse aiuta a capire in che diavolo di paese viviamo, un paese dedito alla schizofrenia pura, dove stadi di civiltà molto avanzati e acquisiti si trovano a convivere con cospicui rimasugli di volgarità e indecente ignoranza.

La storia ha protagonista Pasquale Quaranta di Battipaglia, vent’anni, iscritto al secondo anno di Scienze della Comunicazione all’Università di Salerno.

Da quando è adolescente Pasquale scrive sui giornali locali tant’è che si è già conquistato il tesserino professionale. Un anno fa Pasquale si presenta davanti ai suoi genitori e annuncia di essere gay. Non solo: presenta loro anche il suo ragazzo, Danilo. Le famiglie dei due giovani non fanno una piega e li accolgono con serenità dichiarandosi felici della loro felicità.

Pasquale appartiene insomma a quella nuova generazione di omosessuali che affrontano il proprio destino senza elucubrazioni e piagnistei, senza nascondimenti e senza annose terapie psicoanalitiche. Poi accade qualcosa di vile e consueto e allora Pasquale impara che il mondo che lo circonda è composto da una buona dose di merda.

Una sera dei primi di luglio, davanti alla chiesa di Santa Maria ad Intra, nella vecchia Eboli dove dicono si arrestò persino il Cristo, il ragazzo arriva per la presentazione di “Versi diversi 4” un’antologia poetica in cui è presente come autore. Tra la piccola folla ci sono due signori: Barra Giuseppe, direttore del Centro Culturale Studi Storici di Eboli (a cui Pasquale collabora), e Paraggio Geremia, direttore del mensile “Il Saggio” (dove Pasquale è titolare di una rubrica di bon ton). Proprio a quest’ultimo il giovane aveva proposto un’intervista a don Franco Barbero, presbitero della Comunità Cristiana di Base di Pinerolo e benedicente di molti rapporti gay. Il ragazzo racconta che Barra Giuseppe lo avvicina e gli dice: “Pasquà ma che pezzo hai inviato, ‘su chillu prevt ca è asciuto pazz?”. E poi, rivolgendosi al compare Paraggio Geremia, ma ad alta voce in modo che tutti possano ben sentire, chiosa: “È un prete che difende… i pedofili… no… hmm… come si chiamano, chill ca stann da chell’ata sponda..”. “I’ ricchiun’!”, incalza l’altro galantuomo con una bella risata di scherno. Fa seguito una barzelletta su “i ricchiun’”.

Pasquale è viola di rabbia e grida: “Non vi permetto di parlare in questo modo! Io sono gay e mi state offendendo!”. La dichiarazione di Pasquale scatena il panico. I due signori sono colti in contropiede. Il Paraggio Geremia risponde: “E perché l’ostenti?”. Pasquale ribatte: “Perché offendete! Vi sembra giusto parlare in questi termini di omosessualità?”. Paraggio Geremia (che aquila proprio non sembra) dice di non capire “che necessità hanno gli uomini di vestirsi da femmina”. Insiste: “Io dico che non ha senso andare a sbandierare che uno è gay, una volta mi sono trovato in una sfilata del genere… che schifezze! Che senso ha?! Pensi che io vada con uno striscione a dire: ‘Sono eterosessuale’, che senso avrebbe?”. Non pago, il fine intellettuale insiste: “Se tutti fossero come te il mondo finirebbe. È contro natura”.

Pasquale lo contrasta con invincibile candore: “Per me è contro natura andare con una ragazza! Per lei un ragazzo che si scopre gay dovrebbe starsene zitto e ridere alle sue battute”. “Certo!”, continua il Paraggio, “e deve starsene da solo”.

Da una parte un giovane pieno di energia e di dignità, dall’altra due poveretti sepolti nella propria miseria. Tutto questo nell’anno di grazia 2003, nella provincia sgarrupata di Salerno. E alla fine Pasquale, che nonostante la ferita ricevuta, mantiene il suo bel sorriso fresco e sicuro ci ricorda che “alla sera della vita saremo giudicati sull’amore”. (Allora sì che per Paraggio Geremia e company saranno cazzi amari!).

Lessico familiare

Gioco dei frati. L’omosessualità. Si allude chiaramente alle abitudini omosessuali del clero.

Essere dell’altra sponda. Essere omosessuali. Indica con disprezzo l’idea dell’essere omosessuali, persone cioè che vivrebbero “in un altro mondo”, sulla sponda opposta a quella delle persone “normali”.

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Pasquale Quaranta © gay.tv
Pasquale Quaranta © gay.tv
Daniele Scalise e Pasquale Quaranta
Daniele Scalise © p40.it

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