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Una cultura che non ammette variazioni, che ti schiaccia. «Se l’è andata a cercare», «Che bisogno c’è di “esporsi” così?» sono i commenti che raccogli da parte di molti gay. Segno del fatto che quella cultura si radica dentro.
di Carmine Urciuoli, Pride, n. 76, ottobre 2005
È passato un anno da quando due ragazzi furono brutalmente assaliti davanti agli occhi impassibili di tutti in centro a Napoli (e che si preoccuparono poi non di denunciare gli aggressori, ma di nascondere i lividi ai familiari “che gliene avrebbero fatti altrettanti”).
Un anno e mezzo da quando Enrico, parrucchiere transessuale, è stato bruciato vivo alla periferia di Napoli (gli assassini sono stati liberati a gennaio di quest’anno). Alcuni mesi da quando un uomo è stato ritrovato, a Catanzaro, ucciso a colpi d’ascia da un ricattatore. Alcuni mesi da quando una coppia è stata aggredita a Battipaglia, e un’altra a Teverola (CE).
Le violenze contro gay, lesbiche e transessuali, in Campania e al Sud, nei piccoli centri come nei capoluoghi, hanno molte cose in comune. Parlano di una cultura che non ammette variazioni, che ti schiaccia. “Se l’è andata a cercare”, “Che bisogno c’è di esporsi così?” sono i commenti che raccogli da parte di molti gay. Segno del fatto che quella cultura si radica dentro. E fa apparire “normale”, perfino a noi stessi, la violenza contro i cittadini diversi, “di serie B”.
Per reagire a questo le Associazioni glbt della Campania chiedono con forza l’introduzione nel Nuovo statuto regionale di norme contro le violenze su base sessuale, come è già avvenuto in Toscana.